Dopo la decisione del gip Caterina Greco, che ha rigettato la richiesta di revoca del provvedimento per la 56enne mazarese Vincenza Bilardello, titolare di Sicilia Verde, è stato il Tribunale della libertà di Palermo a confermare (in un caso, ritenendo inammissibile la richiesta, nell'altro rigettando l'istanza) le misure cautelari decretate per Antonino Pipitone, di 54 anni, rappresentante legale della Ecotecnica, e Giuseppe Chiaramonte, di 40, titolare dell'omonima ditta individuale. Anche loro mazaresi.
I giudici nel caso in cui sono entrati nel merito (l'istanza rigettata), hanno, di fa
tto, riconosciuto all'Ato lo status di ente pubblico. Un pronunciamento, questo, che va in direzione diametralmente opposta alla decisione del Tribunale della libertà di Trapani, che su istanza delle difese ha revocato, nei giorni scorsi, il provvedimento di sequestro preventivo dei beni delle principali aziende coinvolte nell'inchiesta.
E ciò in base alla considerazione che gli Ato sarebbero società private. E quindi non si potrebbe procedere per il reato di truffa in mancanza di una denuncia da parte del danneggiato.
Di tutt'altro avviso, però, è la Procura marsalese, che contro tale provvedimento ha proposto subito ricorso in Cassazione, evidenziando che, a fronte di una sola sentenza favorevole agli indagati, numerose sono invece le pronunce giurisprudenziali che vanno in senso opposto. E cioè quelle che affermano che una società che gestisce un servizio come la raccolta dei rifiuti, incassando i proventi della Tia, non può certo essere considerata alla stregua di un'azienda privata. E l'ultima pronuncia in tal senso è arrivata dai giudici del Tribunale di Patti, che il 6 marzo scorso hanno affermato di non poter dichiarare il fallimento dell'Ato di quella zona del Messinese proprio perché società di diritto pubblico.
Antonio Pizzo