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07/07/2020 16:20:00

Guardare gli uomini come li guarderebbe Dio: con gli occhi dell’Amore

Il “guardare” il mondo esterno che ci circonda fa parte dei nostri sensi che ci danno la percezione della realtà circostante come essa è, senza alterarla. Comprenderne le motivazioni, coglierne le emozioni che ci provengono dal di fuori e che trasformano i nostri sentimenti è qualcosa non sempre immediato, a volte è elaborato dall’“io” e da tanti fattori che costituiscono la nostra personalità.

Sovente quando noi giudichiamo, il nostro pensiero, quindi, è alterato da tante cause, dovute all’emotività degli altri, a quella nostra, al nostro stato fisico e psicologico, all’età e a tanti elementi che rendono il nostro giudizio superficiale.


Anche nell’osservare gli altri suoi simili l’uomo si sofferma spesso sulle esteriorità e giudica sulla base di quelle, poiché non possediamo le categorie dell’introspezione e non abbiamo la capacità di passare ai raggi X il “sentire” dell’altro; anche se l’avessimo non raggiungeremmo mai l’apice della “verità” che è sempre ciò che a noi è estraneo dell’altro.

Dipende spesso dalla nostra cultura saper guardare gli altri al di fuori di noi. Il nostro sapere, il patrimonio di conoscenze, la formazione intellettuale ci fanno da setaccio, poiché ci pongono addosso un paio di occhiali che ci fanno vedere la realtà circostante a seconda i vetri (rossi, verdi, gialli…) che frapponiamo tra il nostro occhio e tutto ciò che è al di là.

Eppure abbiamo la pretesa di essere conoscitori imparziali del nostro simile. L’unica cosa che ci permette di essere liberi nei rapporti con gli altri è rispettare sempre la completezza dell’altro a noi mai accessibile. Solo Dio conosce l’altro, «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.» (Lc 12, 7), a noi il compito di sforzarci di guardarlo come lo guarderebbe Lui, così com’egli è, sia esso “normale” (come gli altri: conforme alla consuetudine e alla generalità), omosessuale o lesbica, portatore di handicap e di qualsivoglia “diversità” fisica o intellettiva. «Non guardiamo la persona come la guarda Dio, - afferma il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, in una recente prefazione-intervista su un libro “Chiesa e omosessualità” - in modo unico, e per questo non siamo capaci di accompagnare le persone a trovare la propria e originale pienezza di relazione con Lui. Quando nelle nostre comunità cominceremo davvero a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali - e tutti gli altri - cominceranno a sentirsi, naturalmente, parte della comunità ecclesiale, in cammino».
La domanda spontanea è: Come guarda le persone Dio? Se ci possiamo permettere un paragone, diciamo che Dio osserva l’uomo con gli occhi di una madre e di un padre verso il loro bambino e come questi contempla con viso innocente e di meraviglia loro, senza filtri, pregiudizi, o interponendo alcuna schermatura di qualsivoglia genere. Gli occhi di un genitore guardano il figlio perché è, sulla base del bisogno oggettivo, senza mai giudicarlo: «Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro» (1 Cor 3,8), «Dio infatti non fa preferenza di persone» (Rm 2, 11).
Se il criterio di giudizio di Dio verso ogni uomo è l’Amore, chi siamo noi mortali, qualunque sia il nostro ruolo sulla terra, per potere giudicare,

anche di un solo millesimo di metro, il nostro simile? Se Lui ha voluto che ognuno di noi fosse dissimile dall’altro, con delle caratteristiche particolari e delle esigenze peculiari, quale potere abbiamo per giudicarlo e dire quali sono i limiti entro i quali egli debba muoversi?
Gli uomini, dal canto loro, non siano provocatori, attirando su di sé i giudizi degli altri uomini: siano se stessi, semplici e meravigliando di continuo chi li circonda con i loro comportamenti e la loro coerenza.


Lavoriamo in noi stessi e sull’opinione pubblica perché ogni essere umano trovi la propria dimensione e agisca coerentemente, seguendo la strada per la quale è stato chiamato. La misericordia di Dio è grande e nessuno ha il diritto di anteporsi con delle motivazioni piccine e imperfette come sono quelle dell’umana natura. Dimostriamo di non essere bambini con i nostri ragionamenti meschini e diveniamo adulti per pensare e ragionare, avvicinandoci non a una visione confusa ma nitida di Dio (cfr. 1Cor 13, 11-12) che fa sorgere il sole per tutte le sue creature: “buone” e “cattive”.

Salvatore Agueci