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15/05/2023 14:00:00

Scrive Filippo Piccione su Report, il caso Campobello e il convegno della massoneria a Marsala

 Caro Direttore, dopo aver visto Report e letto gli articoli su Tp24, sono stato spinto anch’io a fare alcune considerazioni su quanto è avvenuto a Campobello di Mazara, in cui ha soggiornato, indisturbato e protetto, Matteo Messina Denaro, il più longevo latitante capo di Cosa Nostra. Devo subito chiarire che su tutta questa vicenda la mia convinzione è che siamo di fronte a un gigantesco “enigma” che nessuno è in grado di sciogliere se non dimostra di aver capito per filo e per segno tutti i misteri e le stranezze in cui esso è avvolto. Si ha come la sensazione che L’invisibile, (che è il titolo del libro scritto dal direttore di questo giornale e che, a chi non l’ha fatto, consiglio di leggere, possibilmente l’ultima edizione, aggiornata al 19 febbraio 2023) continui a rimanere tale anche dopo la sua cattura, l’arresto, e la conduzione in una casa circondariale di massima sicurezza per essere assicurato alla Giustizia, che pure, in un ordinamento democratico, dovrà fare il suo corso. Nessuno è in grado di dire che con la carcerazione di Matteo Messina Denaro si chiude definitivamente un periodo a dir poco opaco e al tempo stesso sostenere che si tratti di un tangibile e duraturo successo ottenuto dallo Stato e dall’intera Comunità.

Per questo ho voluto parlare di “enigma avvolto nel mistero”. Un’espressione che ho razziato da qualche autore importante che la ha spiegata bene. Anche nel libro L’invisibile viene utilizzato efficacemente il Grande Cretto di Gibellina, “un’opera d’arte realizzata dal prodigio di Alberto Burri”, dopo che la cittadina venne rasa al suolo nel sisma del 1968 e che ricorda magnificamente la metafora per rappresentare “il groviglio in cui ci siamo persi nella nostra caccia al grande fuggitivo”. Un labirinto, più che un deserto, che mostra l’immagine della complessità del mondo. Il labirinto che Jorge Luis Borges - citato in conclusione del libro - definisce come “un edificio costruito per confondere gli uomini”.

Giunti a questo punto vale la pena ricordare che subito dopo la cattura e l’arresto di Matteo Messina Denaro, il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, in una conferenza stampa, allo scopo di far capire la situazione in cui ci troviamo, ha usato la locuzione “borghesia mafiosa”. Che cos’è la borghesia mafiosa? E’ un patto siglato dalla mafia con i vari soggetti economici, politici, professionali, istituzionali, attraverso il quale controllare appalti, decidere affari, assicurare i voti alle elezioni, specie quelle locali. Il procuratore ha voluto dire in sostanza che non basta il solo beneplacito o il solo condizionamento, consenso o fascino dei ceti popolari a spiegarci la longevità e il successo delle mafie.

E che occorre un grado di accettazione e di condivisione elevato e permanente di una parte consistente del mondo delle classi agiate e di una parte rilevante dei reggitori e dei gestori della cosa pubblica. Ma è anche necessario un apprezzabile segmento del mondo della cultura e dell’intellettualità, che spesso mostra indifferenza o fa spallucce camuffando la sua pavidità. Non c’è dubbio che intorno e all’interno di questa rete vi è una tutt’altro che trascurabile copertura di natura massonica. A tal proposito non c’è bisogno di rammentare che nel 2017 la Commissione antimafia ha recensito dieci logge massoniche solo a Castelvetrano: quattro assessori in carica su cinque e sette consiglieri su trenta erano iscritti alle logge massoniche nella città in cui è nato, cresciuto e vissuto Matteo Messina Denaro e che Trapani era ed è una delle province con più logge ufficiali e logge massoniche coperte, di cui facevano (fanno?) parte personaggi che avrebbero avuto rapporti con la mafia o addirittura erano organici al sistema consentendo di estendere e rafforzare una rete di protezione all’ex primula rossa di Castelvetrano e di Campobello di Mazara.

Di fronte a questo quadro non posso non dichiararmi deluso. Deluso per il fatto che sul convegno della massoneria, tenutosi pochi giorni fa a Marsala presso il Complesso di San Pietro, patrocinato dal comune e aperto con i saluti del sindaco Massimo Grillo, nessuno ha sentito il bisogno, alla luce di quanto ha rappresentato e rappresenta oggi la massoneria nella nostra realtà, di coglierne l’intrinseco significato e la reale portata.
Ho subito pensato che anche questo silenzio o sottovalutazione dell’evento costituissero essi stessi un tassello dell’”enigma avvolto nel mistero”, o del labirinto o del deserto per dirla ancora con Borges.

Credo che come me tanti altri cittadini di Marsala e del trapanese, avrebbero voluto saperne di più sull’esito del dibattito organizzato dal Grande Oriente d’Italia che aveva per titolo: “Diversità come ricchezza, integrazione e laicità per una nuova prosperità”. Poiché escludo che si fosse svolto in forma segreta e autoreferenziale, mi sarei aspettato che nell’ipotesi fossero emerse posizioni chiare e nette, anche critiche nel corso della discussione, queste avrebbero potuto essere portate alla conoscenza del pubblico mettendo bene in risalto il vero e reale ruolo svolto o che intende svolgere la massoneria nei confronti del fenomeno mafioso sul nostro territorio, in Sicilia e nel Paese. A tale riguardo sarei curioso di sapere se la stampa fosse stata invitata ad assistere ai lavori del convegno oppure di limitarsi soltanto a fornire la data del suo svolgimento.

Filippo Piccione