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04/02/2020 02:00:00

Coronavirus, l'Istituto Svimez: "La bomba sociale al Sud fa molta più paura"

 L’emergenza economica e sociale che sta per travolgere l’Italia, e in particolare le regioni del Sud, a seguito della pandemia fa molta paura perché il coronavirus si inserisce in un contesto di indebolimento sociale. Ecco l'intervista che Huffpost ha fatto a Luca Bianchi, direttore di Svimez, Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.

Dal dopoguerra di questa guerra al Covid-19 sarà la rottura sociale?

Temo di sì, perché si tratta di una stratificazione di più crisi, quella economica del 2008 cui poi è seguita la recessione da risanamento finanziario del biennio 2011-2012 che di fatto ha tagliato i servizi.

Dividendo ancor più il Paese e allontanando il Nord dal Sud?

In questi giorni sento dire spesso: “Ah, se il primo focolaio fosse partito nel Mezzogiorno ci saremmo trovati davanti a un’ecatombe”. Ecco, questa è la certificazione di un divario di cittadinanza che riguarda prestazioni nazionali, come quella sanitaria, che dovrebbero essere tutelate dalla Costituzione.

A Palermo, a Napoli, a Bari, si registra l’assalto ai supermercati perché un pezzo di popolazione non ha nemmeno un euro per mangiare, per sfamare una famiglia. Il Viminale e gli 007 avvertono: “Temiamo proteste sociali”. Adesso le camionette della polizia sono davanti ai grandi magazzini. Ci ritroveremo i forconi per strada?

Al momento sono fenomeni isolati e concentrati nelle città a più alta marginalità sociale. Il rischio è che qualcuno cavalchi alcune esigenze reali soprattutto per consolidare meccanismi di assistenza che peraltro rendono dipendenti dai poteri locali.

Tradotto, la mafia approfitterà della crisi?

Sì, la mafia ha tutto l’interesse che si fomenti una situazione di guerriglia sul territorio che poi loro stessi si candideranno a dipanare.

A proposito c’è un altro tema, di cui ha parlato il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, e riguarda il lavoro in nero che nel Mezzogiorno assorbe il 70 per cento.

Verissimo. Abbiamo un’ampia di fascia di lavoratori informali in nero che vivono di un’economia di strada. Bene ha fatto Provenzano a porre il tema, con grande onestà, perché i rischi di una bomba sociale esistono e partono da lì.

E si torna al punto di partenza. Cosa si deve fare per evitare la rivolta? Ad esempio, estendere la platea del reddito di cittadinanza?

L’intervento deve essere distinto dallo strumento attualmente esistente del reddito di cittadinanza perché deve essere un’operazione che inizia e finisce lì. Il rischio di ampliare i criteri di accesso al reddito di cittadinanza potrebbe creare una sorta di blocco sociale, di assistiti che sarà poi molto difficile ri-svuotare.

Si spieghi meglio.

E’ difficile dall’alto mettere in piedi un meccanismo che possa risolvere il problema. Ecco perché bisogna chiamare a raccolta i Comuni e il mondo del no-profit per accompagnare queste forme di erogazione al reddito con un sistema di servizi e controllo. Attenzione, però, non servono solo politiche assistenziali, ma bisogna stare vicino alle imprese e ai loro occupati, siano essi dipendenti o precari. Il Mezzogiorno è come un sub che ha meno ossigeno nelle sue bombole.

Ecco, che ne sarà delle aziende del sud che corrono a una velocità già ridotta rispetto a quelle del nord?

Noi al sud abbiamo un tessuto di imprese che è sopravvissuto alla crisi precedenti riuscendo un attimo dopo ad agganciare la ripresa, come testimonia l’andamento dell’export.

E ora?

Però quel tessuto di imprese mantiene delle debolezze strutturali dovute alla minora dimensione e a un minor tasso di capitalizzazione. Insomma, subisce più vincoli sul lato del credito.

A maggior ragione oggi l’emergenza da Covid-19 ha innescato una brusca frenata al sistema economico.

L’assenza di liquidità può essere per molte imprese meridionali esiziale, le può portare a chiudere in tempi rapidi. E allora prima di tutto bisogna far sopravvivere le imprese che ci sono, garantendo risorse a tasso zero. Perché saranno le stesse imprese che consentiranno di far ripartire l’economia.

D’accordo, ma come?

La soluzione è una soltanto: è dare soldi subito, liquidi, a prescindere dai loro ranking bancari. Questo anche attraverso forme di anticipazione immediate alle imprese, ai lavoratori autonomi e alle partite Iva, che potrebbero essere tarate sulla quota del fatturato dell’anno precedente, così da mantenere l’occupazione

Tiri lei le somme di questa conversazione: come andrà a finire?

E’ necessario prima occuparsi della emergenza sanitaria e poi dedicare tutte le energie sulla ripartenza scrivendo un nuovo patto Nord-Sud per la crescita. Per concludere, il Covid-19, nonostante la sua portata drammatica, deve essere, ne sono convinto, anche una opportunità per la ricostruzione di un Paese più giusto.