Perde il Trapani Shark al suo debutto europeo con il Tenerife per 84 a 78. Non molti i rimpianti per una sconfitta che ha visto prevalere una squadra dimostratosi più solida da un punto di vista strutturale, collaudatissima nel gioco, con un altissimo tasso di esperienza nelle Coppe e, soprattutto, con una panchina molto più lunga rispetto a quella degli Shark.
Nella lettura dello score solo le percentuali al tiro da 2 arridono ai granata, mentre tutto il resto va appannaggio dei Canarini. Il dato più eclatante lo si può riscontrare nei tiri liberi con percentuali ( 5 su 13 ) da minibasket. Ma focalizzare la sconfitta in questo fondamentale con gli spagnoli che sbagliavano un solo tiro nei 25 effettuati, risulterebbe troppo riduttivo e fuorviante.
Si è assistito alla partita di Trieste a parti invertite, con la squadra ospite che ha tenuto l’inerzia in mano per tutti i 40 minuti seppur con vantaggi in cifra singola, ma mai col fiatone grosso quando Alibegovic &c. si avvicinavano ad un solo possesso nel punteggio.
Si pagava soprattutto lo scotto di una manovra farraginosa in attacco con appena 12 punti nel primo quarto ed assolutamente imprecisa nel tiro dalla lunga. Il secondo quarto con i 26 messi a segno con il risveglio dei piccoli ( Rossato e Ford in particolare) lasciavano presagire ad un cambio nell’inerzia del gioco. Ma Trapani nel secondo tempo si avvitava nuovamente su se stessa e tornava ad inseguire un team che mostrava grande freddezza e controllo nei momenti topici. Gli uomini di Repesa continuavano nelle fiammate in cui facevano sperare di poter ribaltare il trend e con gli ospiti che appena sentivano il fiato sul collo, come cavalli di razza, allungavano il divario. Non si è alla fine assistito un match dai toni spettacolari e con un finale thrilling che poteva mettere in moto un pubblico che ha, comunque, risposto in modo massiccio al richiamo europeo. In verità , sono venuti meno i decibel a livelli altissimi che, in genere, accompagnavano le partite dello scorso torneo: ma credo che ad un clima temperato ci si dovrà abituare. La mancanza di frombolieri come Robinson e Galloway si farà, senz’altro, sentire e mancheranno gli alley-oop di Horton che accendevano la santabarbara del tifo, non solo ultra. Il complesso è stato costruito con criteri diversi e poco funzionali per lo spettacolo puro. Coach Repesa non ha abbandonato il mantra della transizione primaria a folle velocità e sicuramente tutti gli effettivi hanno metabolizzato questa tipologia di gioco. Ma viene attuato in modo più scarno, essenziale e non uso la parola “ scolastico” per non far inalberare il Coach. Ma le prime uscite indicano proprio questo: maggiore applicazione difensiva - per alcuni tratti la zona ha frenato l’incedere offensivo di Tenerife- e velocità massima nel ribaltamento. I time out del “Buster” erano quasi tutti incentrati sulla maggiore velocità del gioco per tentare di stancare fisicamente una squadra che aveva il suo tallone di Achille nella media altissima all’anagrafe (32/33 anni) , ma una panchina lunghissima consentiva rotazioni amplissime.
Per poter sovvertire i giochi, i 10 impiegati da Repesa dovevano giocare ai massimi livelli personali. Così non è stato e sono venuti clamorosamente meno sia Eboua ( encefalogramma assolutamente piatto nello score) ed anche Cappelletti che non ne imbroccava una in cabina di regia. Alibegovic mostrava da buon capitano grinta e determinazione, ma si mostrava impreciso al tiro. Per cui tutto il peso offensivo ricadeva sulle spalle dei soliti noti: Ford e Allen che andavano subito in doppia cifra e tenevano in linea di galleggiamento la squadra. Ottimo a sprazzi Rossato che con due bombe consecutive ridava ossigeno e slancio ai compagni. Hurt si dimostrava ancora a corto di condizione e si notava vistosamente l’aver saltato tutta la fase preparatoria. Petrucelli appena sufficiente e con gli occhi addosso del nuovo Selezionatore della nazionale, Luca Banchi. Da Arcidiacono ci si aspetta maggiore personalità in cabina di regia. Le note più confortanti arrivano da chi meno te lo aspetti: Adama Sanogo, un po’ oggetto misterioso sia nella preseason che nella prima a Trieste, ha brillato di luce propria con un percorso netto a tiro e una presenza costante sotto i tabelloni. Ma risulta fin troppo chiaro che un team ridotto all’osso- anche col rientro di Notae- non possa affrontare contemporaneamente due tornei. Per ora non si sono avvertite fisicamente le trasferte di Coppa e gli incontri che via via si faranno molto serrati, costituiranno un problema. Non saprei se i charter per le trasferte europee diverranno la panacea, che arriva dal cielo, tanto invocata dal Messia Repesa. Ma il problema della lunghezza del roster si porrà , anche in termini pressanti, in presenza di uno o più infortunati che durante la stagione risultano fisiologici. Ma che fine ha fatto Pleiss ? E’ notorio che figura fuori rosa e che sarà immesso sul mercato non appena arriveranno offerte congrue. Non vorremmo chiamare in causa una problematica in cui la Governance ha steso un velo di assoluto silenzio. E’ chiaro che il tedesco costituisce una sorta di pomo della discordia, una zona grigia tra la Proprietà e la Direzione tecnica. Se è stato un errore il suo ingaggio biennale al costo di un milioncino lordo l’anno, non è detto che si debba perseverare. E’ notorio che il Coach croato nel suo “cursus honorum” non si sia mai contraddistinto per le sue doti di “aziendalismo” e che a fine carriera non voglia affatto macchiare il suo bianco lenzuolo. Ma credo che in una fase di estrema emergenza e con un roster ridotto all’osso, un giocatore strapagato, non scarso tecnicamente e con una vasta esperienza in Eurolega, un minimo di attenzione e considerazione lo meriti. Come lo merita il pubblico che ha dimostrato di accorrere in massa alla competizione, non snobbandola come si temeva da più parti. Si può facilmente intuire che la Governance non voglia affrontare una problematica che, se cavalcata con tonalità forti e discordanti, potrebbe estendersi ai limiti della rottura. Ma un franco chiarimento va ritenuto inderogabile. Glissarlo ad un pubblico colto ed esigente, che segue e finanzia massicciamente il pianeta-basket, risulterebbe irrispettoso e deleterio. Pleiss, al momento, è un patrimonio della società ed in quanto tale va salvaguardato. In questa querelle non intendiamo spezzare alcuna lancia nei confronti di due posizioni diametralmente opposte. Se Antonini non ha interesse alcuno a disperdere un patrimonio cospicuo, ma autentica zavorra nei bilanci societari, non si vede, alla stessa stregua, una pervicace resistenza, da parte di Repesa, ad un suo eventuale impiego. Ed allora quali i motivi del suo mancato rientro in una roster che stenta financo ad allenarsi a pieni ranghi?
Il sorcio verde