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22/01/2014 06:10:00

Scrive Massimo Bellina, sullo scandalo dei fondi dei gruppi all'Ars: questione morale

 Caro Direttore,

Mi trovo guarda caso ad Hanoi in Vietnam e come d’abitudine leggo il tuo rotocalco on line. Così lontano da casa avverto la voglia di condividere con te e la tua vasta platea di affezionati lettori , qualche considerazione di ordine generale su una vicenda balzata di recente agli onori della cronaca. Il soggetto come prevedibile è il presunto coinvolgimento di un imprecisato numero di politici ancora attivi e non in un affare di spese illecite perchè, sembra, finanziate con i nostri soldi. Ho letto sull’argomento le più disparate opinioni tutte rispettabili ma secondo me viziate da un errore di fondo. Mi spiego meglio. Il nocciolo della questione, che è di quelle che toccano la sensibilità popolare, non sta a mio modo di vedere nell’eventuale rilevanza penale, evocata da molti, del fatto fine a se stesso ma bensì nella sua grande rilevanza morale. La percezione di una evidente anomalia è chiara in ognuno di noi ed è quanto meno banale oltreché irragionevole liquidare l’accaduto affermando che questa cosa la facevano tutti e pertanto siccome il male è comune mezzo gaudio. E’ inoltre suggestivo ma profondamente sbagliato assimilare, come qualcuno ha fatto, noi gente normale e pacifica alle masse rivoluzionarie francesi che inneggiavano davanti alle esecuzioni di nobili ,re e regine o alle orde medioevali che si compiacevano davanti ai roghi degli eretici. Non c’è volontà alcuna di emulare Robespierre o Savonarola, c’è piuttosto un dilagante senso di frustrazione, una delusione cocente che merita di essere espressa. Grave errore di valutazione pensare che la gente comune, attenda la conclusione delle necessarie indagini per esultare in caso di condanna perché la giustizia avrà trionfato. Non c’è dubbio alcuno che quanto emergerà alla fine di un eventuale processo è al momento assolutamente irrilevante. Non è il fatto giudiziario, bensì la questione morale a tenere banco. Riflettiamo insieme. L’unica cosa certa per ora è che questi soldi sono stati spesi in un certo modo e anche se questo dovesse rientrare in un range di regole che sebbene anomale non configurano un reato, nel modo di pensare collettivo e a mio parere corretto, questo rappresenta una chiara violazione di altre regole, queste non scritte, che si rifanno al concetto generale di moralità. Noi gente normale riusciamo a commuoverci, amare, drammatizzare, sdrammatizzare e talvolta perfino ad odiare. Ci sarà pure concessa una salutare indignazione davanti a situazioni che farebbero saltare i nervi anche ad un santo.

Un esempio per tutti. Come si può, se fosse vero, tollerare che ad un personalissimo invito a nozze ci si presenti con un regalo pagato con i soldi dell’intera comunità dei contribuenti? E come si può ragionevolmente interpretare questo comportamento quando chi lo ha messo in atto avrebbe candidamente affermato di averlo fatto nel contesto di una più ampia strategia mirante a conquistare le attenzioni politiche di un assessore. Condizionale e beneficio del dubbio d’obbligo poiché sono le cronache a riportarlo ma se così fosse la toppa è peggio del buco.

Noi persone comuni ingenuamente pensavamo che nella dialettica tra politici per ottenere l’appoggio di un Assessore ci si potesse ad esempio confrontare su proposte e progetti che vanno nella direzione del bene comune, su programmi di elevata valenza sociale. Invece ci tocca apprendere che un vassoio d’argento o una borsa griffata costituivano e forse ancora costituiscono una valida scorciatoia per raggiungere il medesimo obiettivo. Noi persone normali pensiamo ancora che tutti possano sbagliare, politici inclusi. Riteniamo anche che la migliore risposta ad uno sbaglio siano le scuse e nel caso specifico un passo indietro. Se una siffatta, ragionevole aspettativa non dovesse realizzarsi allora le cose sono due. O questi signori ritengono di avere metaforicamente ricevuto, come Achille, insieme all’elezione a un qualsiasi ruolo politico anche il dono dell’invulnerabilità, tallone escluso. Oppure sono convinti di amministrare la repubblica delle banane e di potere continuare ad infierire indisturbati sui fondelli di tutti noi. In questo contesto immagino si ponga la lettera di Alberto Di Girolamo, il quale suggerisce a quanti dei suoi sono coinvolti nell’affaire di farsi da parte ora, perché tanto hanno di certo sbagliato al di là di ogni verdetto pronunciato altrove. Credo come lui che debba essere la ragione a prevalere e che in questa vicenda sia la coscienza e non lo Stato a dettare le regole.

Un caro saluto da Hanoi

Massimo Bellina