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05/05/2017 06:00:00

"Maltese, il romanzo del Commissario". La serie ambientata a Trapani fa già discutere

 Fa già discutere "Maltese, il romanzo del Commissario", la serie tv ambientata a Trapani e programmata su Rai Uno a partire dal prossimo 8 Maggio. Da un lato ci sono coloro che pensano che ci sarà una grande pubblicità per le bellezze storiche e paesaggistiche del nostro territorio, come avviene a Scicli per la serie di Montalbano, dall'altro lato però c'è chi fa notare che è una serie che parla di mafia, ispirandosi a fatti realmente accaduti, e che dipinge Trapani per un crocevia di mafia, massoneria e servizi segreti deviati (come in effetti racconta la storia di questa provincia). 

Maltese – Il romanzo del Commissario, la miniserie di 4 episodi girata nella provincia di Trapani e con protagonista Kim Rossi Stuart andrà in onda su Rai a partire dall’8 maggio in prima serata.

Ambientata nella Trapani della seconda metà degli anni settanta, la serie racconta le vicissitudini di Dario Maltese (Rossi Stuart) un poliziotto della narcotici di Roma dove si era trasferito per cercare di dimenticare il suicidio del padre avvenuto quando era giovane.

Maltese torna a Trapani per fare da testimone all’amico d’infanzia il Commissario Gianni Peralta che sta per sposarsi ma assiste ad una strage di mafia dove il suo amico viene ucciso. Il commissario decide così di farsi trasferire nella città siciliana prendendo il posto dell’amico in commissariato. Il suo unico obiettivo sarà quello di scoprire chi lo ha ucciso ma si troverà anche ad indagare sulla scomparsa del padre, scoprendo che i tentacoli della Piovra sono arrivati vicini a lui più di quanto potesse immaginare.

Co-prodotta da Rai Fiction e da Palomar (la stessa produzione de Il Commissario Montalbano), Maltese – Il Romanzo del Commissario è diretta da Gianluca Maria Tavarelli. Tra gli attori troviamo anche Rike Schmid, Valeria Solarino e Francesco Scianna.

 

Ecco come presenta la serie Kim Rossi Stuart in un'intervista su Tv Sorrisi e Canzoni:

Kim, è tanto che non fa tv. Perché ha deciso di tornare con Maltese?
«Sono abituato a ponderare i miei lavori con un’attenzione quasi ossessiva. Questa serie invece è stata pianificata con il produttore Carlo Degli Esposti in maniera più istintiva. Ci siamo detti: facciamo qualcosa che possa trasmettere quelli che per noi sono aspetti positivi a un pubblico il più vasto possibile».

L’idea iniziale qual è stata?
«Raccontare un commissario, un eroe vero. Da lì è partito un processo lungo, durato un paio di anni di scrittura».

Chi è Maltese?
«Uno di quei personaggi che occupano la postazione del bene perché qualcuno deve pur occuparla, sebbene sia sempre più complicato. A causa di pigrizia e indifferenza, nella nostra società il male cresce, ma ci sono dei paladini che sentono questa vocazione e che sono in genere figure sole».

Qual è la sua storia?
«Nasce a Trapani, ma a causa di una vicenda personale fugge a Roma. Dopo vent’anni torna nella sua città perché un suo vecchio compagno d’infanzia, oggi commissario, in punto di morte lo investe di una missione che qualcuno deve portare avanti. Solleva il coperchio sulla vicenda di suo padre, una storia che aveva ormai rimosso, e il percorso professionale e quello personale si mescolano e diventano interdipendenti».

Si parla di eventi mafiosi?
«Sì. La storia è ambientata negli Anni 70, quando la mafia è diventata un tema chiaro, a cui si è cominciato a dare un nome preciso. Ma il periodo storico resta sullo sfondo. Abbiamo cercato di non cadere negli stereotipi per rendere Maltese attuale. Avrei potuto indossare camicie con i collettoni e i cravattoni: non l’ho fatto».

Preparandosi a questo ruolo, a quali ricordi legati alla mafia ha attinto?
«Sicuramente gli attentati a Falcone e Borsellino. Il discorso in chiesa della vedova di Vito Schifani, uno degli agenti della scorta di Falcone che disse: “Io vi perdono, però dovete mettervi in ginocchio…”. La prima cosa che ho fatto è stata rinfrescarmi la memoria sugli eroi più o meno recenti della nostra storia. L’ho fatto con rigore e con un grandissimo interesse. E in questa ricerca mi sono imbattuto in Falcone, Borsellino, Peppino Impastato, ma mi sono soffermato soprattutto su Ninni Cassarà (il poliziotto ucciso da Cosa nostra nel 1985, ndr). Lui è stato un mio riferimento per Maltese».

Da quale punto di vista?
«Anche per cose concrete tipo il look, che ho preso da lui. E poi la postura eretta di chi affronta le cose con la schiena dritta. Cassarà era un uomo d’azione».

Anche Maltese è un uomo d’azione.
«Assolutamente sì. Lo vedremo usare le armi, fare delle operazioni sul campo».

Gli ha regalato un bel paio di baffi.
«Per interpretare un siciliano, per quanto di ceppo normanno visti i miei colori chiari, ho sentito il bisogno di dargli delle piccole caratteristiche che mi aiutassero a renderlo più credibile possibile. Dargli un po’ più di Sicilia e un po’ meno di Olanda, visto che io sono mezzo olandese...».

E poi c’è il make-up.
«No, quella è tutta roba mia. Quando ho iniziato a girare la fiction venivo da “Tommaso”, il mio film, due anni massacranti. Tutta quella stanchezza è stata utile per il mio personaggio che a causa delle indagini non dorme quasi mai. Durante le riprese in Sicilia sono dimagrito parecchio».

Come mai?
«Ho sempre preso la mia professione come una missione. Lavoro sei mesi e poi mi fermo due anni, ma in quei sei mesi do tutto me stesso».

Che ricordi ha degli Anni 70?
«Il jukebox. Rino Gaetano che faceva canzoni impegnate travestite da altro. La mia preferita era “Nuntereggae più”. Poi ricordo gli ideali che erano qualcosa di ancora possibile, concreto. Tutto questo mi sembra che sia quasi sparito. Al di là del calcio o cose simili».

È tifoso?
«Sì, della Roma».

Il suo Maltese ha molte cose in comune con Montalbano: la stessa produzione Palomar, Gianluca Maria Tavarelli che è anche il regista di «Il giovane Montalbano», la Sicilia...
«Il colore del mare può essere un reale comune denominatore, ma lo stile e le leve emotive sono altre».

Le piace Montalbano?
«È fatto molto bene. Andrea Camilleri è il fondamento, Luca Zingaretti è perfetto, e la regia di Alberto Sironi riesce ad armonizzare tutto con sapienza e talento».