Mauro Rostagno, Peppino Impastato, Giovanni Spampinato, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mario Francese, Beppe Alfano e Maria Grazia Cutuli. Dalla Sicilia all’Afganistan, nove giornalisti testimoni di verità, uccisi perché svolgevano il proprio lavoro: cercare i fatti e raccontarli con giudizio critico.
La storia di ognuno è raccontata in pannelli autoportanti, con foto e testo sapientemente curati dall’Ordine dei Giornalisti nella mostra dal titolo “Il giornalismo che non muore”. Una esposizione ospitata nella sede dell’Assostampa provinciale, in via Duca d’Aosta 59, a Casa Santa e aperta al pubblico fino a domenica 17. Fortemente voluta da Vito Orlando, segretario provinciale Assostampa, e curata da Franco Nicastro, ex segretario regionale dell’Ordine dei Giornalisti, la mostra è stata inaugurata alla presenza di Daniela Toscano e Carmela Daidone, rispettivamente sindaca e assessora ai Servizi Sociali di Erice, e Maurizio Miceli, consigliere comunale di Trapani.
“Il giornalismo che non muore” è un percorso tra memoria e cronaca che racconta l’esigenza di chi fa questo mestiere per essere testimone di verità, ieri come oggi.
“Mi rimase impresso il titolo del giornale L’Ora – spiega Franco Nicastro- “Ucciso perché cercava la verità” per l’omicidio del suo corrispondente da Ragusa nel 1972, Giovanni Spampinato”. Ed è questo il filo conduttore della mostra, che trova eco anche nelle parole pronunciate dal Presidente del Repubblica il 27 luglio scorso, in occasione del Giorno della Memoria. “I giornalisti sono testimoni di verità - ha dichiarato Sergio Mattarella -. A fronte di un’abbondanza di mezzi di diffusione – alla quale, per la verità, non corrisponde obbligatoriamente una pluralità di contenuti – vi è l’esigenza di una “alfabetizzazione” digitale oltre a quella della crescita di una capacità critica rispetto all’offerta, per non essere in uno scenario che veda la propaganda sostituirsi ai fatti. I giornalisti sono questo: testimoni di verità, spesso a prezzi molto alti”.
Anna Restivo