Risucchiato dal vortice d'aria del treno, fece una fine atroce il 47enne Guglielmo Stamilla, di Santa Croce Camerina (Ragusa), dipendente di una associazione di imprese di Roma (Biblion-Tecnica Service) a cui le Ferrovie avevano appaltato quei lavori. Per quel mortale incidente sul lavoro (uno dei tanti, purtroppo, in ambito ferroviario), finirono sotto processo, con l'accusa di omicidio colposo, nonché per violazioni in tema di misure di sicurezza, Alessandro Mecco, amministratore dell'Ati di cui la Biblion era capogruppo, Francesco Corallo, direttore tecnico e responsabile di questi lavori per la Sicilia, e Carmelo Bocchieri, altro operaio che quella tragica mattina lavorava con Stamilla.
L'accusa (rappresentata dai pm Laura Cerroni e Giuseppe Maria Ingrassia) aveva chiesto la condanna ad un anno di reclusione per Mecco e l'assoluzione per Corallo e Bocchieri.
Per il giudice Amato, però, la colpa dell'accaduto non può essere addossata neanche ad Alessandro Mecco. E la decisione di inviare gli atti del processo in Procura fa intuire l'invito del giudice ad indagare anche in altre direzioni. Anche se certezza di ciò si potrà avere soltanto dopo il deposito delle motivazioni della sentenza.
Di sicuro, però, c'è quanto emerso nell'udienza del 17 giugno 2009. Quel giorno, infatti, in aula, venne fuori che, all'epoca dei fatti, responsabile dei lavori eseguiti in Sicilia occidentale era un'altra persona (un certo Terracciano), della Tecnica Service. Nel tratto in cui si verificò l'incidente mortale, lo spazio tra i binari e i cespugli era piuttosto esiguo. In alcuni punti, tra la linea ferrata e gli arbusti c'era meno di un metro. E l'operaio deceduto non avvertì il rumore del treno in arrivo perché aveva messo le cuffie per non sentire il fastidioso ronzìo del decespugliatore.
Antonio Pizzo - La Sicilia