Un messaggio che campeggia su un pannello posto lungo la statale che dall’autostrada A29 conduce nella città amministrata dal 2008 da Vittorio Sgarbi.
Ma ci sono anche altri pannelli: “Salemi prima capitale d’Italia“, “Salemi città dei pani“, “Salemi città del dialogo tra religioni“, “Salemi la città dell’arte e della letteratura“, “Salemi città internazionale del cinema indipendente“, “Salemi capitale provvisoria del Tibet“, “Salemi città del museo della mafia“, “Salemi città del benedivino“.
Purtroppo, anche in questi casi, Salemi non riesce a staccarsi dall'ego del suo Sindaco. E' per questo che l'ultimo cartello recita: «Salemi la città di Sgarbi».
Il Museo della Mafia che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inaugurerà martedì 11 maggio a Salemi sarà dedicato a Leonardo Sciascia.
«Sciascia – ha detto Sgarbi - è stato il simbolo di un’antimafia non retorica».
Salemi dedica allo scrittore di Racalmuto una mostra (s’inaugura martedì 11) di suoi ritratti fotografici messi a disposizione dalla Fondazione Sciascia.
«Il Museo – spiega Sgarbi – è nato due anni fa su suggerimento di Francesca Traclò della Fondazione Rosselli, L’allora assessore alla Cultura Peter Glidewell me ne prospettò la realizzazione. La città che lo doveva ospitare non era Salemi, ma Corleone. Solo che lì, nella città di Provenzano e Riina, hanno avuto paura della parola “museo” e l’hanno fatto diventare un noioso “Centro di documentazione per la lotta alla mafia”, che non è certo un novità».
«Oliviero Toscani – racconta Sgarbi - aveva delle riserve sull’uso della parola “museo”, sostenendo che i musei sono una cosa morta e che invece occorreva fare una cosa viva. Il Museo indica certamente con una linea netta ciò che è stato. Noi però abbiamo pensato ad un Museo perché vogliamo immaginare la mafia morta, sconfitta. Del resto si fa un museo dell’Olocausto non perché ci sono ancora i nazisti e i campi di concentramento, ma per dire che occorre prendere le distanze dal male. Ecco, il nostro Museo della Mafia significa questo: prendere le distanze dalla mafia, dal male. Le mie idee, da questo punto di vista, sono specchiate nel pensiero di Sciascia»
L’allestimento del Museo è stato curato da Nicolas Ballario che dirige, tra l’altro, il «Laboratorio della Creatività» di Vittorio Sgarbi.
Le installazioni a forma di cabina elettorale che costituiscono la parte più significativa del Museo della Mafia sono state realizzate dall’artista siciliano Cesare Inzerillo:
«E’ un artista – spiega Sgarbi - che vede il mondo dalla parte della morte e dei morti. Le sue mummie sono simili a quelle delle catacombe dei Cappuccini di Palermo. Inzerillo è come Tadeusz Kantor che vede la “classe morta”»
Sgarbi torna sul museo “gemello” di Las Vegas: «Intanto loro hanno fatto solo un annuncio, noi il museo lo inauguriamo martedì 11 maggio. La nostra idea è nata in tempi non sospetti, due anni fa. Un museo della mafia, del resto, non può che essere in Sicilia. Le altre sono buone imitazioni. La differenza è che loro spendono 42 milioni di dollari e noi poche migliaia di euro»
Sgarbi ha infine trovato una soluzione per dirimere la querelle con i familiari dei cugini Nino e Ignazio Salvo che hanno chiesto al sindaco, tramite la formale richiesta di un legale, di non inserire immagini o riferimenti ai propri congiunti perché mentre Nino Salvo non ha mai subito alcuna condanna (è morto in una clinica di Bellinzona mentre si stava celebrando il maxi processo), Ignazio – ucciso da Cosa Nostra – è stato condannato solo in primo grado
«No, non farò alcuna censura. Risolvo la questione - spiega Sgarbi - in modo salomonico. I Salvo saranno certamente nel Museo; la novità è che ci sarò anch’io. Ovvero, ci saranno i pannelli con le pagine dei giornali in cui si racconta dell’indagine per mafia su di me e Tiziana Maiolo avviata dalla procura di Reggio Calabria nel 1995. Era quello un errore clamoroso. Tanto che il Procuratore Vigna prese in mano la vicenda e archiviò tutto. Ma per 8 mesi sono stato anch’io mafioso. Diceva Montaigne: devo parlare dell’uomo, quindi parlo di me stesso. Nel Museo della Mafia, dunque, se ci sono i Salvo, ci posso stare anche io. Loro da cittadini, io da sindaco, con storie ovviamente diverse. Sui Salvo il giudizio giornalistico è stato negativo, sul piano delle verità molte cose certamente non sono state dette o non si conoscono»