Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
25/05/2010 05:35:29

Indagini sulla morte di Giovanna La Mantia: il paracadute funzionava regolarmente

è quanto emerso dall'udienza davanti al Gip del Tribunale di Ravenna in merito alla discussione sulla perizia del paracadute di Giovanna Melania La Mantia, la caporale  di Trapani morta a 22 anni dopo essere finita al suo primo lancio - effettuato privatamente, fuori dal servizio - il pomeriggio del 20 febbraio scorso nel laghetto di cava "Cà Bianca" nei pressi del piccolo aeroporto della Spreta, alle porte della città romagnola.


La giovane era stata ripescata con l'attrezzatura ancora imbracata e così non era chiaro se non fosse riuscita a sganciare il paracadute - come prevede il protocollo di emergenza - a causa di un guasto all'attrezzatura o per la comprensibile emozione di una manovra inaspettata. Per quanto riguarda l'analisi medico-legale, l'esperto incaricato dal Gip ha di recente chiesto una proroga per il deposito della perizia. Per la morte della ragazza era stato da subito indagato il direttore di lancio, un esperto di paracadutismo originario della provincia di Mantova, difeso dagli avvocati Claudio Arria e Giovanni Nanni.


L'incidente si era verificato quando la militare, originaria di Trapani e in forza al 46/o Reggimento Trasmissioni di Palermo, durante una licenza del week-end si era trasferita a Ravenna con dei colleghi per alcuni lanci privati che le avrebbero consentito di conseguire il brevetto di paracadutista civile dopo il corso teorico. Non è chiaro ancora il motivo per il quale il suo paracadute, regolarmente apertosi, sia stato spinto fin sul laghetto che dista alcune centinaia di metri dal campo utile di atterraggio, peraltro uno dei più grandi d'Italia per questo tipo di attività.

Tra le ipotesi, un'improvvisa raffica di vento. Il corpo della ventiduenne era stato ritrovato dopo cinque giorni di intense ricerche ad ampio raggio.