che stanno cercando di scavare sui vari depistaggi che avrebbero interessato le indagini sull’omicidio del giornalista di Radio Aut, dimostra un o stretto collegamento tra quella morte e quella della strage di Alcamo Marina in cui vennero uccisi due giovani militari, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, il 27 gennaio ‘76.
L’indagine sui depistaggi prende il via proprio quando, nel maggio scorso, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, si è presentato negli uffici della procura di Palermo per chiedere la riapertura del caso, invitando gli inquirenti a fare luce sui vari depistaggi che interessarono le indagini sulla morte di suo fratello. “La notte in cui morì Peppino – racconta Giovanni Impastato – i carabinieri vennero a casa nostra e sequestrarono diversi documenti appartenuti a mio fratello che raccolsero in 4 grossi sacchi neri. Quando anni dopo chiesi la restituzione dei documenti mi riconsegnarono soltanto 6 volantini. Che fine ha fatto tutto il resto del materiale appartenuto a Peppino? Perché è svanito?”.
Una parziale risposta è stata trovata dal pm Del Bene, che è riuscito a mettere le mani su un foglio in cui i carabinieri avevano scritto “Elenco del materiale sequestrato informalmente a casa di Impastato Giuseppe”. Un sequestro informale dunque, ovvero un sequestro non ufficialmente autorizzato. Del Bene ha trovato anche un altro elenco, questa volta formale, in cui i carabinieri avevano appuntato soltanto l’avvenuto sequestro di sei fogli tra lettere e volantini, che contenevano scritti d’ispirazione politica e con propositi di suicidio.
“La perquisizione a casa di Peppino Impastato venne condotta da un uomo di fiducia del capitano Giuseppe Russo: il nome del militare oggi in congedo, al momento top secret, è al vaglio degli inquirenti”.
Si tratta comunque di uno stretto collaboratore del cap. Russo, lo stesso che partecipò agli interrogatori degli arrestati per la strage di Alcamo Marina, e soprattutto di uno di coloro che seviziò e torturò Giuseppe Vesco, all’interno della caserma di Sirignano, finchè Vesco esausto ammise la propria colpevolezza e fece i nomi dei suoi amici, subito fermati.
Vesco morì poi suicida all’interno del carcere di Trapani in condizioni misteriose; il collaboratore di giustizia ed ex “uomo d’onore” vicino a Matteo Messina Denaro, Vincenzo Calcara, chiamato a deporre davanti la Corte di Appello di Reggio Calabria nel processo di revisione a carico di Giuseppe Gulotta, condannato all’ergastolo per la strage di Alcamo Marina, ha riferito che Vesco venne in realtà ucciso per ordine della mafia trapanese con la complicità di alcune guardie carcerarie” ha dichiarato l’Avvocato Baldassare Lauria difensore di Gulotta.
Ma nei documenti sequestrati a casa di Peppino Impastato c’era anche altro.
“Ricordo che mio fratello poco prima di morire – racconta Giovanni Impastato – si stava interessando attivamente alla strage della casermetta di Alcamo Marina. In seguito a quel fatto, gli uomini dell’Arma vennero a perquisire casa nostra dato che mio fratello era considerato un estremista. Da lì Peppino iniziò a raccogliere informazioni sulla questione, notizie che accumulava in una specie di dossier: una cartelletta che fu sequestrata e mai più restituita”.
Adesso l’ipotesi accreditata dagli inquirenti riannoderebbe le due vicende: forse Impastato con la sua attività di controinformazione era riuscito a capire qualcosa in più sulla strage della casermetta. Le indagini sul suo assassino, quindi, furono depistate – fino ad arrivare a “nascondere” il teste chiave – proprio per occultare i reali motivi che ne avevano decretato la morte. Il fatto che dai microfoni di radio Aut mettesse alla berlina il boss mafioso Tano Badalamenti (morto prima che la condanna per l’omicidio di Peppino diventasse definitiva) a questo punto potrebbe essere soltanto un motivo in più per metterlo a tacere.
Le ultime notizie sui vari depistaggi dei due fatti di sangue e le dichiarazioni di Giovanni Impastato cadono proprio contemporaneamente all’incendio alla pizzeria Impastato di Cinisi. Incendio di matrice dolosa, sostiene il fratello di Peppino: “Si apra un'inchiesta per incendio doloso, voglio sapere cosa è veramente successo nel mio locale. Non debbo e non posso continuare a sopportare depistaggi in eterno: prima sulla morte di mio padre, poi su mio fratello, e ora sull'incendio scoppiato lo scorso 9 dicembre”.