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07/01/2012 08:31:44

Confisca di beni per i fratelli Cascio, ritenuti vicino a Messina Denaro

I fratelli originari di Santa Margerita Belice (Ag) da decenni hanno le loro attivita’ nel trapanese. Rosario, indicato come uno dei prestanome del boss Matteo Messina Denaro, era stato arrestato col fratello nel luglio 2008 per mafia, nell’operazione ”scacco matto”: in primo grado nel febbaio 2011 e’ stato assolto mentre Vitino e’ stato condannato a 12 anni e sei mesi. Rosario era pero’ gia’ stato condannato a sei anni per mafia.

Tra i beni confiscati vi sono il compendio aziendale e il capitale sociale della “Calcestruzzi Belice srl”, “Siciliana conglomerati srl”, “Calcestruzzi srl”, “Atlas cementi srl”, “La Inerti srl”, “Vini cascio srl”. Altri beni, che insieme a quelli confiscati formavano un tesoro di circa 550 milioni di euro, che erano stati sequestrati ai familiari di Rosario Cascio sono stati dissequestrati.

I beni erano stati sequestrati nel ’93, dissequestrati nel 2001 e nuovamente sequestrati nel 2009 e nel 2010 con un provvedimento ”fotocopia” che mirava a non far rientrare l’indagato nella disponibilità del patrimonio che comprende, oltre alle società, 200 appezzamenti di terreno, che si trovano nelle province di Agrigento e Trapani, 90 fabbricati, 9 stabilimenti industriali tra cui diversi silos e 120 automezzi, 80 tra ville, appartamenti, palazzine e magazzini, e un’imbarcazione da diporto.

Il tribunale agrigentino ha anche applicato la sorveglianza speciale per 4 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ai due fratelli

Rosario Cascio nel ’92 venne arrestato per mafia nell’ambito dell’inchiesta dei Carabinieri del Ros su mafia e appalti che coinvolse anche Angelo Siino, il cosiddetto ministro dei lavori pubblici del boss corleonese Totò Riina. Cascio venne più volte condannato e assolto, nei diversi gradi dello stesso giudizio, il reato di associazione mafiosa venne derubricato in associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta ma alla fine venne condannato a sei anni per mafia.  La sua attività cominciò nel 1960 come imprenditore agricolo e negli anni ’90 Cascio era già tra i contribuenti big siciliani dichiarando miliardi di reddito. Sue erano le ”miniere d’oro” dell’edilizia in Sicilia occidentale, le società che producevano calcestruzzo, cemento, inerti, la base delle costruzioni. E l’imprenditore sarebbe anche ”un miracolato”, un sopravvissuto alla sentenza di morte del boss corleonese Totò Riina. Nel ’97 Giovanni Brusca, killer, boss e poi collaboratore di giustizia, disse in relazione ai lavori effettuati nella diga Garcia che Riina gli aveva raccomandato di eliminare Cascio in qualunque momento, anche dopo 10 anni, e che la sentenza non sarebbe stata eseguita forse per l’intervento di Matteo Messina Denaro, o del padre Francesco, o per i suoi legami con la potente famiglia trapanese degli Accardo.