La circostanza, emersa dall’intercettazione di una conversazione del capomafia, è stata sostanzialmente confermata dal geologo Barbagallo, trait d’union tra i boss e i Lombardo. «Io ho sentito questa discussione — ammette Barbagallo — Enzo Aiello mi disse che i soldi, parlava addirittura di 600- 700 mila euro, mi ricordo la somma, anziché andare a loro sono andati a Lombardo. Sicuramente si riferisce a Raffaele Lombardo». Per il gip Barone c’è «la prova certa dell’avvenuta consegna a Raffaele Lombardo di una somma di denaro destinata al finanziamento della sua campagna elettorale dal capo della più forte e ramificata organizzazione mafiosa della provincia di Catania». I riscontri hanno accertato che in quel periodo era stata avviata la realizzazione del centro
commerciale del Pigno da parte della Icom e della Sud Flora dell’imprenditore Mario Ciancio.
Il 27 maggio 2011, dopo che i pm titolari dell’inchiesta, avevano già firmato la richiesta di rinvio a giudizio per Lombardo, il pentito Gaetano D’Aquino racconta che i fratelli Lombardo hanno goduto dell’appoggio dei clan di Catania in almeno due tornate elettorali, compresa quella in cui Lombardo è diventato presidente della Regione. Il pentito elenca una serie di attività imprenditoriali per le quali Lombardo avrebbe garantito il suo appoggio in cambio di voti: l’interporto di Catania, i locali realizzati vicino al Bingo di piazza Alcalà, il trasferimento del mercato ittico a Bicocca, posti di lavoro nella cooperativa “Il Salco”. «La promessa
che ci venne fatta era quella di favorirci mediante facilitazioni nell’attività che prevedevano l’intervento diretto o indiretto della politica». I voti venivano procacciati con generi alimentari o con denaro che, normalmente, sborsavano gli uomini politici. I Lombardo, invece, non avrebbero dato soldi e lo stesso D’Aquino, che racconta di essersi personalmente occupato di una campagna elettorale, dice di avere sborsato 17mila euro.
LE INTERCETTAZIONI. Il gip definisce «di straordinaria portata» la valenza indiziaria delle intercettazioni del boss Enzo Aiello «dalle quali emerge a chiare lettere non solo l’avvenuto sostegno elettorale ma anche i termini dell’investimento economico di Cosa nostra sull’elezione dei fratelli Lombardo alle rispettive cariche regionali e nazionali». A cominciare dalla conversazione nella quale, parlando con il geologo Barbagallo che ribadisce che «adesso Raffaele farà circolo chiuso», Aiello dice: «Ma scusa, ma allora questi voti perché glieli abbiamo dati?». E alla puntualizzazione di Barbagallo: «Ad Angelo glieli abbiamo dati», il boss sottolinea: «Eh, ma di conseguenza anche lui». In un’altra conversazione Barbagallo spiega ad Aiello l’importanza strategica di avere eletto al parlamento
nazionale Angelo Lombardo e il gip parla di un «moderno e lucido manifesto programmatico» di Cosa nostra e «della più immediata ed esplicita rappresentazione dell’inquinamento delle istituzioni parlamentari di questa Regione attuato da un manipolo di criminali e dai loro complici che si annidano negli organismi rappresentativi del Paese».
UN'ALTRA TEGOLA. NON c’è solo il concorso esterno nell’imputazione coatta che la Procura di Catania sta per formulare nei confronti di Raffaele Lombardo. Il gip Luigi Barone ha infatti disposto che venga contestata anche l’aggravante mafiosa al reato di voto di scambio semplice per il quale Lombardo è a giudizio. Un gran pasticcio giuridico che la Procura potrebbe risolvere già oggi, in aula, chiedendo la sospensione del processo in attesa della definizione dell’udienza preliminare.