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17/04/2012 06:14:33

Misilmeri, la mafia nel Comune: 5 arresti. Gli affari dei boss tra politica e rifiuti

 Lo dichiara Marianna Caronia, parlamentare regionale e candidata sindaco di Palermo dopo l'arresto del candidato della sua lista, Vincenzo Ganci per mafia.

"La documentazione attualmente richiesta non si e' infatti dimostrata sufficiente, e non solo oggi nel caso sgradevole dell'ex-candidato della mia lista - dice - Sottolineo che io ho richiesto a tutti i miei candidati di fornire un certificato penale e carichi pendenti, anche se cio' non previsto dalla normativa vigente, e di sottoscrivere una dichiarazione di conoscenza delle disposizioni della legge 175/2010 in materia di voto di scambio, di coercizione nell'espressione del voto e di divieto di propaganda elettorale per chi fosse sottoposto a misure di prevenzione".

E aggiunge: "Mi chiedo se altri, in questa campagna elettorale, abbiano fatto altrettanto. Qualche settimana fa - prosegue Caronia - il presentatore della lista Amo Palermo - una tra quelle che sostengono la mia candidatura - Giuseppe Scozzola, ha ricevuto una email anonima che accusava il signor Ganci di essere 'vicino ai mafiosi' e gli ha chiesto, pena l'esclusione dalla lista, di recarsi alla Polizia Postale per sporgere denuncia. La polizia non ha pero' potuto raccogliere formalmente la denuncia dell'interessato in quanto le liste non erano state ancora ufficialmente depositate". 

10:15 - Il clan mafioso di Misilmeri condizionava l'attivita' amministrativa del Comune per controllare il lucroso affare dei rifiuti. 

E' quanto emerge da indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo, che hanno portato la scorsa notte ai cinque arresti dell'operazione "Sisma".
In carcere Francesco Lo Gerfo, 50 anni, indicato come il boss del mandamento, Mariano Falletta, 53 anni, Antonino Messicati Vitale, 40 anni, Stefano Polizzi, 55 anni, e Vincenzo Ganci, 46 anni. Quest'ultimo figura nella lista delle amministrative "Amo Palermo", collegata alla candidata sindaco Marianna Caronia, deputata regionale dei Popolari di Italia domani (Pid), il partito dell'ex ministro delle Politiche agricole, Saverio Romano, attualmente sotto processo a Palermo col rito abbreviato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Un avviso di garanzia ha raggiunto il presidente del consiglio comunale di Misilmeri, Giuseppe Cimo', 48 anni.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, con intercettazioni telefoniche e ambientali ma anche grazie al contributo di collaboratori di giustizia tra i quali Stefano Lo Verso, dopo l'arresto del capomafia di Misilmeri, Antonino Spera, la 'reggenza' era stata assunta da Lo Gerfo. Oltre a controllare attivita' criminali tipiche, come le estorsioni e i videogiochi installati nei locali pubblici, il boss manovrava perche' soggetti a lui vicini scalassero i vertici della politica locale, come il presidente del Consiglio comunale ora indagato.
Punto di snodo tra la mafia e il Comune, secondo la Procura, era quello di Vincenzo Ganci, che in politica ci stava da consigliere di circoscrizione e che si apprestava a fare il salto tentando di approdare al consiglio comunale di Palermo.
  Tra i piu' remunerativi interessi economici della cosca, quelli nel settore dei rifiuti, dove il mandamento operava attraverso la ditta di Mariano Falletta, ritenuto in effetti un prestanome di Lo Gerfo. Il boss poteva cosi' distribuire posti di lavoro presso il Coinres (Consorzio intercomunale rifiuti energia servizi), ente costituito tra la Provincia regionale di Palermo e 22 Comuni dell'Ato 4, e acquisire commesse dal Comune di Misilmeri. Il Coinres versa ora in serie difficolta' economiche e nei Comuni serviti la raccolta dei rifiuti e' spesso interrotta per giorni dai dipendenti del Consorzio che protestano per gli stipendi non pagati.
Sotto la gestione di Lo Gerfo, il mandamento mafioso di Misilmersi aveva assorbito la 'famiglia' di Villabate, che negli ultimi faceva riferimento, invece, al mandamento di Bagheria. Il dettaglio viene ritenuto significativo dagli inquirenti perche' segnala un mutamento delle articolazioni territoriali mafiose con un ritorno agli assetti storici di Cosa Nostra. Nel corso delle indagini e' stata pure ricostruita un'estorsione ai danni di una sala ricevimenti, la "Villa Fabiana" di Bagheria. A imporre il 'pizzo', proprio la cosca di Villabate, capeggiata da Antonino Messicati Vitale. Una parte dell'attivita' investigativa ha riguardato anche la famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno, il paese d'origine dell'ex ministro Romano, e in particolare un suo esponente, Salvatore Barrale, indicato come uno dei principali responsabili del mantenimento delle famiglie di detenuti.
Al boss Lo Gerfo, infine, faceva riferimento anche la famiglia mafiosa di Bolognetta, di cui uno dei referenti piu' in vista era Stefano Polizzi, accusato di aver curato alcune estorsioni.
  Il mandamento di Misilmeri era inoltre in contatto con i mandamento palermitani di Porta Nuova, Pagliarelli, Brancaccio e Tommaso Natale. 

08:45 - Ha scritto il gip Luigi Petrucci nell'ordinanza di custodia cautelare: 

"Le indagini hanno dimostrato che Lo Gerfo, dopo aver indirizzato i voti della consorteria mafiosa e fatto eleggere nell'amministrazione comunale persone a lui vicine, è riuscito a far sì che le stesse ricoprissero ruoli istituzionali nevralgici, come quelli di presidente (Giuseppe Cimò) e vice presidente (Giampiero Marchese) del consiglio comunale di Misilmeri, creando dunque i giusti presupposti per controllare e indirizzare le scelte della pubblica amministrazione in favore degli interessi propri e dell'associazione da lui capeggiata".

Negli anni Novanta, Ganci era stato consigliere comunale a Misilmeri. Poi, la sua carriera era proseguita a Palermo, alla circoscrizione Oreto: in queste settimane, è impegnato nella lista "Amo Palermo", che sostiene la candidatura di Marianna Caronia a sindaco del capoluogo siciliano.

Intanto, continuava a incontrare i boss di Misilmeri. Questo dicono le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dai sostituti Nino Di Matteo, Geri Ferrara, Marzia Sabella e Lia Sava. Dal municipio i boss gestivano appalti, soprattutto per la raccolta dei rifiuti. E poi puntavano a modificare il piano regolatore, per far cambiare destinazione d'uso ad alcuni terreni che avrebbero potuto ospitare la nuova sede di Ikea a Palermo.

Il boss Lo Gerfo invocava prudenza al suo ambasciatore in politica: "Evitiamo un po' di telefonate", gli diceva. "Attenzione, perché se no lo sciolgono il consiglio comunale... e non mi interessa niente".

08:30 - Tra gli arrestati c'è un consigliere di circoscrizione del Pid, che sperava di essere eletto consigliere comunale di Palermo alle prossime elezioni del 6 e 7 maggio. Vincenzo Ganci, 46 anni, è stato arrestato questa mattina dai carabinieri del nucleo Investigativo, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia lo accusano di aver consegnato ai boss un intero Comune della provincia di Palermo, quello di Misilmeri. Microspie e telecamere hanno sorpreso Ganci mentre si accorda con il capomafia Francesco Lo Gerfo, per pilotare la campagna elettorale e poi fare eleggere un suo cugino, Giuseppe Cimò, presidente del consiglio comunale di Misilmeri.

I carabinieri hanno arrestato anche il boss di Misilmeri, Lo Gerfo; poi un altro presunto capomafia della zona, Stefano Polizzi, e l'imprenditore Mariano Falletta. Un terzo boss, Antonino Messicati Vitale, risulta latitante: sarebbe già da mesi in Sudafrica, meta sicura per i padrini siciliani, perché non riconosce il reato di associazione mafiosa (ne sa qualcosa il tesoriere di Totò Riina, Vito Roberto Palazzolo, che per anni ha vissuto tranquillo a Johannesburg). Questa mattina, i militari del Reparto Operativo di Palermo, guidati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli, hanno notificato
anche un avviso di garanzia, per concorso esterno in associazione mafiosa: il destinatario è il presidente del consiglio di Misilmeri. È probabile che presto arriveranno gli ispettori prefettizi al Comune, questo chiedono la Procura e i carabinieri: è il primo passo per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Sarebbe la terza volta per Misilmeri, dal 1992.

08:15 - Il presidente del consiglio comunale di Misilmeri (Palermo), Giuseppe Cimo', 47 anni, e' indagato per mafia. Il politico, che dall'Udc e' poi passato al Pid, secondo gli inquirenti, avrebbe agevolato la cosca mafiosa locale nell'aggiudicazione di alcuni appalti. I carabinieri stanno eseguendo cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di presunti mafiosi di Misilmeri. L'inchiesta sulla cosca riguarda anche Cimo' che, secondo l'accusa, con altri consiglieri, sarebbe stato eletto anche con l'appoggio del gruppo mafioso.

Secondo i carabinieri, Francesco Lo Gerfo, presunto boss mafioso di Misilmeri, ''attraverso evidenti cointeressenze con soggetti vicini e da lui manovrabili, esplicava il proprio ruolo mafioso affinché quest'ultimi ricoprissero ruoli istituzionali nevralgici come quello di presidente e vice presidente del consiglio Comunale''.

Lo Gerfo sarebbe riuscito, dicono gli investigatori, ''ad esercitare, con l'indispensabile ausilio di Vincenzo Ganci, il controllo sul Comune di Misilmeri e, dunque, a piegare l'amministrazione comunale agli interessi della consorteria mafiosa''. La procura di Palermo ha scoperto lo 'zampino' di Cosa nostra nella gestione del ciclo dei rifiuti nel palermitano. I carabinieri hanno alzato il velo su quella che definiscono ''la massiccia penetrazione mafiosa all'interno del Coinres, il consorzio per la raccolta dei rifiuti tra 22 Comuni dell'Ato 4''.

Per gli investigatori ''le amministrazioni comunali interne al consorzio'' avrebbero consentito di far guadagnare al boss Francesco Lo Gerfo, colpito oggi da ordine di custodia in carcere, ''ingenti somme di denaro attraverso un'impresa direttamente riconducibile a lui e fittiziamente intestata a terzi'', che e' stata sequestrata. Lo Gerfo avrebbe gestito sia le estorsioni che il controllo sistematico delle apparati elettronici da gioco installati negli esercizi commerciali del proprio territorio.

Un'altro indagato nell'operazione antimafia di oggi, Antonino Messicati Vitale, gia' condannato per 416 bis, sarebbe il reggente mafioso di Villabate (Pa) e avrebbe estorto denaro ai proprietari della sala ricevimenti ''Villa Fabiana''. Secondo le indagini la famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno (Pa), decimata dagli arresti e dalle condanne nel procedimento Perseo, sarebbe gestita anche dall'indagato Salvatore Barrale mentre la famiglia mafiosa di Bolognetta (Pa) e' gestita anche da Stefano Polizzi.