Lo affermano gli ex operai di Cnt riuniti nel «Collettivo lavoratori in lotta», che non hanno mai smesso di presidiare l'ingresso del cantiere navale, nonostante siano rimasti una decina rispetto ai 32 componenti iniziali, nell'ambito di una vertenza avviata il 29 settembre dell'anno scorso e sfociata tre mesi dopo nel licenziamento dell'intero organico di 59 dipendenti. Proprio il Collettivo, ieri, ha scoperto l'operazione in corso con l'aliscafo e l'ha subito denunciata alla Capitaneria di porto «perché i sei operai in forza al cantiere - ricordano i portavoce dei lavoratori in lotta - possono garantire solo il servizio di guardiania, non essendo legittimati a svolgere attività lavorative fino a quando l'azienda non adeguerà l'area alle prescrizioni impartite da vigili del fuoco, Asp e dalla Capitaneria di porto».
Su segnalazione degli ex lavoratori la Guardia costiera ha quindi effettuato un sopralluogo nell'area e documentato la presenza dell'aliscafo per la stesura di un rapporto. Ma i manifestanti non si sono accontentati e hanno occupato lo spazio davanti ai cancelli per impedire l'uscita dei sei dipendenti di Cnt. Questa azione ha portato all'intervento congiunto di otto pattuglie, tra Digos e Squadra Volante, sollecitato dal direttore del cantiere navale, Vincenzo Sorge, arrivato nel frattempo sul posto. L'iniziativa di protesta è stata infine spostata per consentire l'uscita del personale, ma i manifestanti intendono approfondire l'episodio dell'aliscafo.
«Andremo in Procura per un'ulteriore denuncia (dopo gli esposti presentati nel corso della vertenza nei confronti del Gruppo Satin-Ctn, ndr) con foto e filmati che dimostrano l'attività avviata in cantiere - anticipa il Collettivo - anche perché, per alzare l'aliscafo, è stato rimesso in funzione il travel lift, con il ripristino di otto copertoni che hanno un costo di almeno diecimila euro ciascuno, mentre noi e gli altri colleghi licenziati aspettiamo ancora il trattamento di fine rapporto e il pagamento di altre spettanze arretrate».