di Leonardo Agate - E' stato presentato questo pomeriggio [17 settembre, n d r] alle 18 presso l'Associazione culturale Otium, in via XI Maggio, il libro di Carmelo Sardo e Giuseppe Grassonelli, il primo un noto giornalista, il secondo un noto ergastolano. Il titolo del libro é "Malerba", pubblicato da Mondadori, già in seconda edizione. L'argomento del ponderoso volume é una storia di mafia, scritta a quattro mani dal giornalista e dal condannato, il quale non é diventato collaboratore di giustizia e a 29 anni é finito dentro, dopo aver subito stragi familiari e aver abbattuto clan rivali. La condanna all'ergastolo ostativo non gli permette di beneficiare delle agevolazioni che i galeotti comuni ottengono dopo un certo numero di anni di buona condotta.
Francamente, gli argomenti di mafia, trattati in libri, convegni, tavole rotonde e tecniche, in seminari e chi più ne ha più ne metta, mi hanno stancato da un bel po', da quando precisamente ho capito che sono diventati genere letterario o retorico, senza possibilità di debellare per tali vie la mafia. Però non nego che una conoscenza sempre maggiore dei dettagli mafiosi può contribuire ad elevare le difese della società, salvo il caso in cui il professionismo dell'antimafia non sia finalizzato a fare carriere veloci nelle istituzioni, nella pubblica amministrazione, nel giornalismo e in certe professioni. Di questi casi se ne sono registrati a bizzeffe.
Do per scontato che l'intento del giornalista coautore di questo libro é nobile: mostrare realmente, anche con il racconto stesso del mafioso, come un giovane che non aveva conosciuto una pistola se non quando fece il servizio militare, avendo successivamente assistito alla strage dei suoi familiari mafiosi da parte di clan avversari, e sopravvissuto fortunosamente, diventa latitante e capo di un nuovo clan che ha per scopo la vendetta contro i sanguinari nemici, diventando pure lui boss sanguinario.
Coloro che si appassionano al genere mafioso possono tranquillamente acquistare il libro e ne trarranno soddisfazione. Coloro ai quali, invece, l'argomento non interessa, possono astenersi dal comprarlo, senza per questo ritenersi in colpa per non voler contrastare la mafia. E siamo arrivati al dunque. Il fenomeno mafioso non si estirpa con libri d'inchiesta, con tavole rotonde o quadrate, con caroselli "teniamoci tutti per mano e facciamo girotondo contro la mafia", e nemmeno stendendo lenzuoli bianchi ai balconi, come ai bei tempi di Orlando della Rete. Se bastassero queste cose per sconfiggere la mafia, l'avremmo già seppellita. Purtroppo non bastano.
La mafia é un fenomeno di criminalità organizzata ed é al tempo stesso cultura deleteria. Intendo dire che é il portato della storia e della società in un dato tempo. La mafia, nella nostra Sicilia - senza nulla togliere alle altre mafie diversamente denominate nelle regioni meridionali - é un fenomeno che ci avvolge da un secolo e mezzo e passa. Ebbe un periodo di sonno durante il ventennio fascista, non per i modi spicci di Mori, prefetto di ferro, ma perché il suo potenziale fu tramortito dall'altra mafia statale istaurata da Mussolini.
Come si può efficacemente combattere la mafia, allora, posto che la sua dettagliata conoscenza, ormai acquisita, non l'ha scalfita che poco? Bella domanda, se fosse posta da chi può rispondere efficacemente: la classe politica. Ma i politici, vuoi che la domanda non se la pongono, vuoi che non sono capaci di dare una risposta o non vogliono darla, non hanno mai adottato le misure giuste per sconfiggerla. E quali sono queste misure? Una minore diffusa ignoranza e una maggiore diffusa cultura sono gli strumenti sine qua non di contrasto alla mafia. I governi non hanno privilegiato il sistema scolastico, anzi con frequenza hanno tagliato risorse alla scuola, alla formazione e alla ricerca, che costituisco l'humus della rinascita di qualsiasi popolo. E nemmeno é pensabile che mettendo per un anno nel bilancio dello Stato più soldi per la cultura si otterrebbe un'immediata ricaduta nella lotta alla mafia. Ci volevano tutti i sessant'anni della nostra Repubblica perché ora il contrasto Stato - mafia fosse a favore del primo. Così non é stato, e poiché l'evoluzione civile non avviene per decreto, ma attraverso l'educazione di più generazioni di individui, con la mafia continueremo a convivere a medio termine, sperando che il medio termine non diventi più lungo.