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03/02/2015 06:30:00

Omicidio Srat, tutti scarcerati. "Rubino", oggi la requisitoria del Pm

Per gli avvocati difensori “non sussistono i gravi indizi di colpevolezza”. E il Tribunale del Riesame ha dato loro ragione, rimettendo in libertà le cinque persone arrestate il 13 gennaio dai carabinieri di Mazara per l’omicidio dello spacciatore tunisino Riadh Srat, ucciso a Capo Feto la notte del 10 giugno 2010. Srat fu freddato con cinque colpi di pistola. I proiettili lo raggiunsero alla testa e al torace. Non ebbe scampo. Secondo l’accusa, ad agire sarebbero stati due distinti gruppi di fuoco arrivati sul posto, una zona isolata e poco illuminata, per discutere di affari relativi allo spaccio (principalmente eroina). I primi ad arrivare, su appuntamento dato da Srat, sarebbero stati i marsalesi Vincenzo Galia (51 anni) e Giovan Vito Romeo (31), accompagnati in auto da Gisella Angileri (29). Poi, sarebbero arrivati il mazarese Giovan Battista Manciaracina (36) e Ibnmahjoub Arafet (33). Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Giulia D’Alessandro, i cinque arrestati avrebbero individuato in Srat un concorrente scomodo sul mercato mazarese e per questa ragione lo avrebbero ucciso. Ma, pare, anche perché con lui avevano contratto debiti. Sempre per forniture di droga. Le indagini sono state condotte con intercettazioni telefoniche, ambientali e videoregistrazioni. Ma fondamentale, per gli inquirenti, è stato l’apporto fornito da un testimone oculare che avrebbe accompagnato Srat a Capo Feto e che quando ha capito che sarebbe finita male si sarebbe nascosto tra la vegetazione della zona. Nel corso delle indagini sull’omicidio Srat, i carabinieri hanno acquisito preziose notizie sul mondo dello spaccio a Mazara, arrestando in flagranza di reato altre 15 persone e sequestrando oltre 600 grammi di eroina e 400 di hashish. “Srat era un fornitore di una certa rilevanza” spiegò il procuratore Di Pisa nella conferenza stampa tenuta lo scorso 20 gennaio. “Si era fatto un giro di affari molto ampio – aggiunse il pm D’Alessandro – in quanto vendeva sostanza stupefacente a credito”. E fu, forse, proprio questa sua abitudine a costargli la vita. In quanto dalla ricostruzione degli inquirenti è emerso che i presunti responsabili avevano contratto debiti di una certa entità con lui. “Debiti che non intendevano saldare” ha detto Di Pisa.

RUBINO. Doveva tenersi il 26 Gennaio ma è stata rinviata ad oggi la requisitoria del processo per il caso degli abusi sessuali all'Istituto per minori "Rubino" di Marsala. Il processo alla sbarra degli imputati, davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Sergio Gulotta), vede Giuseppa Signorelli, 51 anni, ex responsabile dell’unità assistenziale, e a Vincenzo Galfano, di 49, bidello. Nell’ultima udienza, a deporre, nell’aula ‘’Borsellino’’, a porte chiuse, è stata la giovane, da poco tempo maggiorenne, che, confidandosi con il compagno della madre, il 50enne pregiudicato L.S., fece scattare l’indagine. La ragazza ha frequentato l’Istituto di assistenza all’infanzia “Rubino” dal 2004 al 2009. E in quegli anni, secondo il suo racconto, avrebbe subito le violenze sessuali. A condurre l’indagine è stata la Squadra mobile di Trapani, che all’interno dell’istituto Rubino piazzò anche alcune microspie. Secondo i difensori degli imputati la ragazza si sarebbe contraddetta in merito a tempi e luoghi, rispetto alle dichiarazioni rese precedentemente.

DIFFAMAZIONE. Comincia oggi alle ore 9.30 al Tribunale di Trapani il  processo al giornalista Rino Giacalone, accusato di diffamazione dalla moglie del boss Maraiano Agate. La signora Rosa non avrebbe gradito alcune affermazioni rivolte al marito nell’ articolo, firmato dal giornalista e pubblicato dal blog Malitalia con il titolo “Don Mariano Agate è arrivato al capolinea”. Nel pezzo a conclusione di un breve racconto sulla storia personale del boss si traevano delle conclusioni apostrofandolo come un “pezzo di merda”.