Hanno preferito patteggiare la pena cinque persone coinvolte in un’indagine della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura su un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Si tratta della vicenda che, lo scorso anno, vide coinvolto anche l’avvocato castelvetranese Giovanni Elia, accusato di non avere adempiuto ai suoi doveri di curatore fallimentare. E per questo fu revocato dall’incarico il 21 marzo 2012. Non è stato, però, l’avvocato Elia a patteggiare, ma gli altri indagati. Ovvero, un intero nucleo familiare di Partanna operante nel campo della ristorazione e formato dai coniugi Guglielmo Morsello, di 69 anni, e Caterina Tringeri, di 68, entrambi condannati a un anno e sette mesi di reclusione, dai loro figli Vincenzo ed Elisabetta Morsello, rispettivamente di 45 e 41 anni, e dal marito di quest’ultima, Gianfranco Pastore, anch’egli di 41 anni. Questi ultimi tre sono stati condannati a un anno e quattro mesi ciascuno. Il patteggiamento prevede la sospensione condizionale della pena. Ma nel caso di Vincenzo Morsello, il giudice che ha emesso la sentenza (Annalisa Amato) ha decretato la pena sarà sospesa solo l’imputato espleterà, per due mesi, “lavoro non retribuito in favore della collettività presso il Comune di Castelvetrano con modalità che saranno individuate dal suddetto ente”. Se non vorrà, insomma, finire dietro le sbarre, dovrà rassegnarsi ai “lavori forzati”. Secondo l’accusa, gli iniziali fatti di bancarotta fraudolenta pre e postfallimentare contestati agli indagati andarono in prescrizione proprio a causa del ‘’silenzio’’ dell’avvocato Elia. Le indagini, coordinate dal procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Antonella Trainito, hanno consentito di accertare la ‘’distrazione’’ di immobili acquisiti all’attivo fallimentare nel 1995 (epoca in cui fu dichiarato il fallimento) con la complicità dell’ex curatore, che secondo l’accusa avrebbe tollerato, senza segnalare nulla al giudice delegato al fallimento, il fatto che gli immobili venissero utilizzati per l’esercizio di attività commerciali (ristorante pizzeria ‘’La Montagna’’ a Partanna e pizzeria ‘’Golden Beach’’ nella località balneare Triscina di Castelvetrano) senza alcuna autorizzazione del Tribunale, né pagamento di affitto alla curatela fallimentare. Tutto ciò a danno dei creditori. L’attivo fallimentare, costituito da beni immobili (i due locali adibiti a ristorazione-pizzeria, altri fabbricati e terreni), è stato stimato in oltre un milione e 600 mila euro. E’ stato inoltre accertato come in epoca prossima alla dichiarazione di fallimento (1995) i falliti abbiano prelevato somme dalle casse sociali per circa 700 milioni delle vecchie lire mediante l’emissione di fatture false. Neppure questo è stato mai segnalato dal curatore. Scrive, infatti, il Gip a proposito dell’avvocato Elia: ‘’Il curatore fallimentare, con macroscopiche e reiterate violazioni dei propri doveri concernenti l’amministrazione del patrimonio fallimentare ha omesso di conseguire il possesso dei beni immobili indicati’’. E inoltre ‘’la sua condotta è connotata dalla sistematica violazione dei fondamentali doveri allo stesso imposti’’.
Truffa all’Inps per indennità di disoccupazione non dovuta, processo a otto persone
E’ stato il maresciallo Salvatore Missuto, della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, a spiegare, in Tribunale, i particolari dell’indagine su una “truffa” all’Inps per indennità di disoccupazione “non dovuta” ad alcuni braccianti agricoli. Cinque dei quali, lo scorso anno, preferirono patteggiare la pena e furono condannati dal gup Parrinello, che inflisse un anno a Tommaso Pipitone, 10 mesi ad Antonino Sciacca e Andrea De Pasquale e 8 mesi a Gaspare Giacalone e Francesco De Vita. Per tutti, naturalmente, pena sospesa. Furono, invece, rinviati a giudizio Matteo Zerilli, Ignazio Fabio Lombardo, Giovanni Maurizio Giacalone, Antonio Francesco Monaco, Emanuele Maggiore, Giacomo Cosentino, Pasquale Zichichi e Marcella Barbara Giacalone. Ed è stato proprio nell’ambito del processo a queste otto persone che il maresciallo Missuto ha illustrato gli accertamenti effettuati e l’esito delle indagini che hanno portato a scoperchiare la pentola. Complessivamente, la truffa all’Inps, secondo l’accusa, sarebbe stata di circa 300 mila euro. I fatti contestati sono relativi al periodo compreso tra il 2006 e il 2009. L’indagine, nel luglio 2013, era sfociata nell’arresto di Giacomo e Piernicola Abrignani, di 62 e 38 anni, padre e figlio, ex rappresentate e impiegato della sezione di Strasatti della Confederazione italiana agricoltori, e di Giacomo Passalacqua, di 72 anni, commercialista, responsabile delle Acli nella stessa borgata marsalese. Passalacqua, davanti al gup, ha patteggiato la pena ed è stato condannato a due anni di reclusione (pena sospesa). I braccianti risultavano alle dipendenze di un agricoltore di Petrosino, l’estensione dei cui terreni, però, non giustificava l’impiego di tanti operai. Era inevitabile, dunque, che prima o poi qualcuno si accorgesse della truffa.