Ha avuto sviluppi investigativi clamorosi il caso dei due poliziotti mazaresi (Vito Pecoraro e Vincenzo Dominici) accusati di omissione d’atti d’ufficio e falso, reati per i quali sono sotto processo davanti il Tribunale di Marsala, e il successivo coinvolgimento del loro collega Antonio Sorrentino, accusato in concorso di aver successivamente contribuito a redigere una relazione di servizio, secondo l’accusa falsa, per scagionare i primi due. Le intercettazioni ordinate dalla Procura, infatti, hanno messo nei guai anche altri uomini delle forze dell’ordine e un funzionario della prefettura di Palermo. Otto, in tutto, gli indagati. A costoro la sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, che ha condotto l’indagine coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa e del sostituto Antonella Trainito, ha notificato l’avviso conclusione indagini preliminari. Un atto che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Le accuse a vario titolo ipotizzate sono falso materiale e ideologico in atto pubblico, falsa testimonianza, calunnia, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio, truffa, abuso d’ufficio e false informazioni al pubblico ministero. Gli indagati sono Raffaele Chiarello, di 60 anni, dirigente dell’area III della prefettura di Palermo, Nicolò D’Angelo, di 50, vicequestore e dirigente della Polstrada di Trapani, C. N., di 31, commissario capo, ex dirigente del commissariato di polizia Mazara, poi trasferito alla Questura di Palermo, i sovrintendenti di polizia Antonio Sorrentino, di 53, e Vito Pecoraro, di 54, l’assistente Vincenzo Dominici, di 46, tutti fino a poco tempo fa in servizio al Commissariato di Mazara (dopo la misura cautelare del divieto di dimora a Mazara, sono stati trasferiti in Calabria), e i carabinieri Andrea Volpe, di 45 anni, e Salvatore Buscemi, di 36, anche loro in servizio a Mazara. Dalle intercettazioni disposte dalla Procura è emerso, in particolare, che il commissario N., nel 2014, chiese aiuto al vice questore D’Angelo per fare annullare una multa per eccesso di velocità che gli era stata elevata dai vigili urbani di Palermo, dichiarando che stava tornando di corsa a Mazara per ragioni di servizio. Per l’accusa, però, N. era libero dal servizio e quindi avrebbe dichiarato il falso per evitare di pagare la multa. Chiarello, invece, interrogato dal procuratore Di Pisa, avrebbe dichiarato il falso sul ricorso presentato da N. I due carabinieri, infine, devono rispondere di abuso d’ufficio e falso ideologico per non aver fatto la multa e sequestrato lo scooter al figlio del sovrintendente Sorrentino che guidava senza casco protettivo. Un vero terremoto la cui prima scossa è datata 19 aprile 2012, Pecoraro e Dominici non adottarono alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo dell’Agenzia delle Entrate. Sul mezzo, però, condotto dal mazarese Vittorio Misuraca, i carabinieri avevano piazzato una microspia. Misuraca, infatti, era indagato per sfruttamento della prostituzione. E il giorno in cui fu fermato dai poliziotti era, per altro, in compagnia di una prostituta sudamericana (che, pare, avrebbe fatto le moine). I carabinieri, dopo avere ascoltato quanto era accaduto (mancato sequestro e mancata multa), segnalarono il fatto alla Procura, che affidò l’indagine alla sezione di pg della Guardia di finanza. Nella relazione di servizio che il 30 giugno 2014, a sorpresa, è stata tirata fuori, in Tribunale, dal sovrintendente Antonio Sorrentino, Pecoraro scrive che non furono presi provvedimenti perché sapeva che sull’auto c’era la microspia. Per non pregiudicare, insomma, l’indagine dei carabinieri. In precedenza, però, inspiegabilmente, i due imputati mai avevano parlato di questa relazione che li avrebbe scagionato. Grande, in aula, fu perciò lo stupore del pm Antonella Trainito. Il procuratore Alberto Di Pisa dispose, quindi, immediate indagini per accertare quando, in realtà, quella relazione era stata redatta. Un’indagine condotta ancora dalla sezione di pg della Guardia di finanza, con l’ausilio di un esperto informatico, che nei computer del commissariato mazarese, subito sottoposto a perquisizione, non ha trovato il file che secondo Sorrentino (che ha siglato il foglio) sarebbe stato creato nel 2012, e con analisi chimiche dalle quali è emerso che il foglio con la relazione risalirebbe al 2014! E non, come scritto, al 19 aprile 2012.