Il giudice monocratico Riccardo Alcamo ha condannato a tre anni e 8 mesi di carcere il 34enne agente di commercio marsalese Antonio Ignazio Correra, finito sotto processo con l’accusa di aver attuato numerose truffe. Tra gli altri capi d’imputazione, anche l’appropriazione indebita e l’insolvenza fraudolenta. Correra è stato, inoltre, condannato anche a una multa di 2 mila euro e al pagamento di quasi 700 mila euro di risarcimento danni alle parti civili (240 mila a Zolfindustria, 238 mila alla Kemia, 100 mila alla ditta Lo Porto e altrettanti alla curatela fallimentare della Kemical Green, la ditta, poi dichiarata fallita, di cui era titolare). Sostanzialmente accolte, dunque, le richieste del pm Nicola Scalabrini, che al termine della sua requisitoria, nel corso della quale aveva parlato di “truffe raffinate e con meccanismo diabolico che complessivamente superano gli 800 mila euro”, aveva invocato 5 anni di carcere e 2 mila euro di multa. Ad essere truffate, secondo l’accusa mossa a conclusione dell’indagine condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, furono ditte operanti nel settore dei fertilizzanti per l’agricoltura, tra le quali la “Zolfindustria” di Novara e la “Kemia” di Cento (Ferrara), nonché aziende e commercianti siciliani. Correra era accusato di aver fatto ordini di acquisto falsi (verso società inesistenti o per imprenditori che poi smentivano di aver comprato la merce) e in alcuni casi di aver trattenuto denaro che i clienti dovevano versare ai fornitori, oppure merce ordinata e non pagata. “I fatti più gravi – disse il pm nella requisitoria - sono quelli in danno di Lo Porto. Eccezionali le dimensioni di questa truffa: circa 300 mila euro. Truffa che ha determinato il fallimento della Lo Porto, il cui titolare ha dichiarato che Correra gli ha taciuto la circostanza che era soggetto ai benefici di cui gode chi è presunta vittima usura”. Proprio negli anni in cui avrebbe attuato le contestate truffe (2008-2009), il Correra ha infatti denunciato e fatto arrestare dai carabinieri due persone (Bellitteri e Sieri) che lui accusa di avergli prestato denaro a strozzo. Aver taciuto, però, tale circostanza a coloro con cui era in rapporto d’affari, per l’accusa, non è stato atteggiamento corretto. “Quello di Correra – ha, infatti, sostenuto Scalabrini - è un silenzio malizioso ai fini di un raggiro. C’è stato un abuso del diritto. Correra ha strumentalizzato la sua veste di vittima di usura recando danno ad altri”. Prima di iniziare la requisitoria, il pm ha depositato le sentenze di condanna di primo grado subite da Correra per calunnia e ricettazione di assegni rubati (quelli consegnati ai presunti usurai). “Di solito – disse il pubblico ministero Scalabrini a inizio requisitoria - i processi per truffa sono di tipo indiziario. In questo caso, però, è documentale”. Le prove, dunque, erano nelle carte. A difendere Correra è stato l’avvocato castelvetranese Francesco Messina. Il pm ha analizzato anche la “personalità” del Correra, definito: “Soggetto capace, intelligente e affidabile, cioè che ha dato prova di meritare fiducia, ma che a un certo punto decide di declinare quest’ultima al passato, tradendo la fiducia dei suoi interlocutori commerciali, tessendo una tela che ha finito per imbrigliare anche società attrezzate”. La lettura d’insieme, ha continuato il rappresentante dell’accusa, fa pensare che vi siano stati “concorrenti nel reato”, ma non si è riesciti a individuarli, nonostante “la pg abbia fatto di tutto per dare un nome e un volto ai possibili coautori del reato”. L’attività “truffaldina” dell’imputato, concluse il pm nella requisitoria, sarebbe stata “svolta con ostinazione e pervicacia, in un tempo breve perché le vittime se ne sono accorte e hanno denunciato”. Le Fiamme Gialle della Procura avviarono, quindi, quell’indagine che ha portato alla condanna di Correra.