Per bancarotta fraudolenta, il pm Norzi aveva chiesto la condanna a tre anni e mezzo di carcere per il 47enne imprenditore marsalese del settore calcestruzzi Ignazio Errera. Il rappresentante dell’accusa aveva, invece, invocato l’assoluzione dall’accusa di distrazione di beni aziendali. Adesso, il Tribunale (presidente del collegio Sergio Gulotta) ha, però, assolto l’imprenditore da entrambi i capi d’imputazione “perché il fatto non sussiste”. Le contestazioni erano relative al 2003, quando l’imputato era amministratore dell’azienda di famiglia. Il “buco” finanziario contestato dall’accusa era vicino ai 22 mila euro. A difendere Ignazio Errera è stato l’avvocato Diego Tranchida, che dopo la sentenza ha dichiarato: “Come mi aspettavo, il mio assistito è stato assolto con la formula più ampia”. Ignazio Errera è fratello dell’ex consigliere comunale Vito Celestino Errera, condannato a un anno e mezzo di reclusione per favoreggiamento della latitanza di un mafioso, e di Maurizio Vincenzo Errera, condannato per estorsione in danno di altri imprenditori nell’ambito dell’operazione antimafia “Peronospera II”. L’ex consigliere comunale, invece, in carcere è finito, per scontare la sua pena, nell’aprile del 2014. La condanna gli è stata inflitta per il favoreggiamento della latitanza del boss mafioso Antonino Rallo, indicato dagli investigatori come elemento di spicco in seno alla “cosca” di Marsala. Rallo fu arrestato dai carabinieri l'11 ottobre del 2007. La condanna di Errera era divenuta definitiva, con sigillo della Corte di Cassazione, l’11 febbraio 2011, ma trattandosi di un imputato incensurato la pena era stata sospesa. Successivamente, però, l’ex consigliere finì nuovamente sotto processo per bancarotta. In questo caso, la pena gli fu condonata, ma il secondo procedimento a suo carico ha avuto l’effetto di fargli venire meno il beneficio della sospensione condizionale per la prima condanna. Errera fu eletto consigliere comunale a fine maggio 2007 nella lista “Giovani e donne per Marsala - Lo Curto sindaco”. Poi, transitò nell’Udc. Le dimissioni da consigliere furono rassegnate a fine ottobre 2011. Più di otto mesi dopo dalla sentenza della Cassazione. Errera gettò la spugna dopo avere più volte dichiarato che non era sua intenzione dimettersi da consigliere. Giustificò le dimissioni con “motivi strettamente personali”. Ringraziò “l’intero Consesso cittadino” e parlò di “ingiustizie patite”. Nel processo si è difeso affermando che l’imprenditore Michele Giacalone, al quale procurò l’auto utilizzata per curare la latitanza di Rallo, gli aveva detto che il mezzo gli serviva per una “scappatella” con una donna. Già la condanna in primo grado (2009) aveva già suscitato in città diverse reazioni. Libera avviò una raccolta di firme invocando le dimissioni. Intanto, nel 2011, in conseguenza della condanna, la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani dispose il sequestro di beni per un valore di 299 mila euro: un’abitazione di sette vani in contrada Casazze, donatagli dal padre, e due appezzamenti di terreno.