Estorsione continuata in danno di alcuni insegnanti. E’ questa l’accusa mossa al 71enne salemitano Vito Pecorella, a lungo gestore, a Marsala, di un istituto tecnico per geometri legalmente riconosciuto, il “Leonardo da Vinci”. Per Pecorella, adesso, è stata invocata la condanna a cinque anni di carcere. Secondo l’accusa, Pecorella “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, mediante minacce, costringeva Giordano Sebastiana, Mulè Manfredo, Fornich Caterina Daniela e Zizzo Liliana a lavorare in qualità di insegnanti presso l’Istituto Leonardo da Vinci, del quale era, anche di fatto, amministratore, non percependo retribuzione, ma ottenendo il solo vantaggio di accumulare punteggio al fine dell’inserimento nelle graduatorie per l’accesso all’insegnamento pubblico, così procurandosi un ingiusto profitto”. La minaccia, naturalmente, era quella del licenziamento. A rappresentare le parti civili sono gli avvocati Maria Letizia Pipitone e Vito Buffa. Vito Pecorella è difeso dall’avvocato Walter Marino, secondo il quale, però, non vi sarebbe stata “nessuna estorsione, ma un accordo tra datore di lavoro e dipendenti”. “L'accordo – prosegue l’avvocato Marino - c'era fin dall'inizio. Nessun atteggiamento coatto. La volontà coartata non c'è stata. Il lavoratore ha rifiutato i contributi pensionistici. Gli stessi dipendenti hanno ammesso di sapere tutto dall'inizio. Nessuno è stato minacciato per concludere il contratto. Contratto che ha dei contenuti che sotto il profilo morale non sono corretti da entrambe le parti. Ora queste persone sono di ruolo. Non hanno rinunciato al punteggio”. Ma per le parti civili “le parti offese sentite al dibattimento hanno confermato il capo di imputazione, ricordando anche che quello era un sistema in virtù del quale non si pagavano gli stipendi”. Il processo si celebra davanti al giudice Sara Quittino, che il 12 maggio dovrebbe emettere la sentenza. A Vito Pecorella, padre dell’ex assessore provinciale di Forza Italia Duilio Pecorella, l’avviso conclusione indagini fu notificato nel 2006. Il rinvio a giudizio, però, arrivò sei anni dopo, nel 2012.
VIOLENZA SESSUALE. “Il fatto non sussiste”. Con questa motivazione il Tribunale di Marsala (presidente del collegio Sergio Gulotta) ha assolto un giovane mazarese, il 25enne Alessandro Mannone, dall’accusa di “violenza sessuale” sull’ex fidanzata. Per l’imputato il pm Anna Trinchillo aveva invocato una condanna a 3 anni e 8 mesi di carcere. Epoca dei fatti contestati è il 2011. La ragazza, coetanea dell’imputato, era già maggiorenne. Fu lei a far scattare l’indagine, sporgendo denuncia. Per l’ex fidanzato, però, non scattò alcun provvedimento cautelare in quanto l’esposto fu presentato a distanza di qualche settimana dal giorno della presunta violenza sessuale. Non c’è più, quindi, la “quasi flagranza” del reato. Nello stesso processo, con l’accusa di minacce in danno di Alessandro Mannone, era imputata anche la 55enne F.B., madre della presunta vittima, che è stata invece condannata. Per la donna il Tribunale ha decretato 4 mesi e 5 giorni di reclusione. A difedere Mannone è stato l’avvocato Vincenzo Bonanno, mentre Mariella Martinciglio ha difeso F.B., condannata anche a pagare le spese processuali. L’avvocato Martinciglio ha rappresentato anche la parte civile, che è stata condannata a risarcire Alessandro Mannone con 750 euro.