La lite tra due gruppi familiari (Papa e Gentile) che ha preceduto l’omicidio del 25enne Gaspare Gentile, ucciso l’1 giugno 2008, in contrada Fornara, con un colpo di pistola alla nuca esploso dall’ex compagno di scuola Francesco Papa, già processato con rito abbreviato e già condannato in via definitiva a 14 anni di carcere, è stata il tema dell’ultima udienza che davanti al giudice monocratico Torre vede imputati, accusati a vario titolo di rissa, lesioni personali, minacce e danneggiamenti, otto componenti dei due nuclei familiari “in guerra” per l’acquisto di un appezzamento di terreno sul quale costruire una casa. Alla sbarra, oltre all’omicida Francesco Papa, sono anche i suoi due fratelli, Alessandro e Gaspare, e il padre, Vincenzo. E con loro, anche i fratelli dell’ucciso, Giuseppe e Angelo Gentile, e il padre, Antonio, che si sono costituiti parte civile contro i Papa. Ha scelto, invece, di essere processato con rito abbreviato il suocero di Giuseppe Gentile, Vincenzo Lombardo, che nel corso della lite che ha preceduto l’omicidio avrebbe tolto dalle mani di Vincenzo Papa la zappa con cui questi avrebbe colpito l’auto dei rivali, dopo un inseguimento con successivo speronamento, assestandoli un colpo alla testa. Il più anziano dei contendenti sarebbe, quindi, crollato a terra, privo di sensi. E il figlio, forse credendolo già morto, si sarebbe messo di nuovo al volante e a gran velocità per andare a prendere, a casa, la sua pistola, una semiautomatica con cui, dopo essere tornato, si mise all’inseguimento dei Gentile, raggiungendoli nei pressi delle abitazioni dei fratelli Vincenzo e Antonino Lentini. E all’interno del garage di questi ultimi trovò Gaspare, che fu freddato senza pietà. Questa era la ricostruzione degli eventi che precedettero l’omicidio. Almeno fino all’ultima udienza del processo per rissa. In quest’ultima udienza, infatti, Vincenzo Papa ha dichiarato che pur essendo i suoi avversari armati di zappa e bastoni, lui avrebbe riportato solo “graffi”. Affermazioni che l’avvocato Carlo Ferracane, legale dei Gentile, giudica “contraddittorie”. Come pure quelle dei figli di Vincenzo Papa, Gaspare e Alessandro, che sempre secondo l’avvocato Ferracane, hanno contraddetto il racconto del genitore su alcune fase della drammatica lite. E in particolare su chi di loro era alla guida dell’auto e sul comportamento dei Gentile. Secondo il padre, due di questi ultimi erano abbassati dentro la loro auto e si vedeva solo chi guidava, mentre secondo i figli non c’era nessuno abbassato per non farsi vedere. Si è inoltre parlato del tentativo di riappacificazione che la sera prima dell’omicidio era stato fatto nell’abitazione di un certo Marino. Ma anziché riappacificarsi finì a botte. Con Vincenzo e Francesco Papa che avrebbero aggredito, picchiandolo, Antonio Gentile, che da quell’incontro venne fuori con un occhio nero e la camicia strappata. In una precedente udienza del processo aveva deposto il consulente della difesa Gentile, Giuseppe Tosto, che riferì sulla perizia redatta e già agli atti del processo. “Secondo Tosto – spiega l’avvocato Carlo Ferracane – diversamente dalla ricostruzione del consulente del pm, non sarebbe stata la Lancia dei Gentile ad investire la Clio dei Papa, ma viceversa”. Nel corso del processo, ha già testimoniato anche Marco Papa, che all’epoca dei fatti era 14enne e che ha assistito alla lite. “Nessuno aveva mazze, zappe, bastoni”, ha dichiarato il giovane. Pare, che le due famiglie per quel pezzo di terra non distante dal luogo dell’omicidio fossero “in guerra” già da qualche mese. Entrambi volevano realizzarvi un’abitazione e la tensione tra i due gruppi familiari, che a quanto pare avevano già avuto qualche scontro (non solo verbale) era salita alle stelle.