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26/05/2015 06:56:00

Marsala, tre condanne per lesioni, violazione di domicilio, minacce. I particolari

 Aver preteso (prima con le “buone” e poi con una denuncia) il pagamento per un lavoro svolto. Sarebbe stata questa la “colpa” del 49enne muratore marsalese Felice Pellegrino, pestato a sangue all’interno della sua abitazione di via degli Atleti affinché rinunciasse al credito e alla via giudiziaria per ottenerlo. Per quei fatti, risalenti al luglio 2010, adesso il giudice monocratico Riccardo Alcamo ha condannato a tre anni e mezzo di carcere, per minacce gravi, violazioni di domicilio e lesioni personali, i marsalesi Pietro Pellegrino, di 41 anni, il debitore, e Antonino Enrico Angileri, di 46, nonché il trapanese (di contrada Locogrande) Giovanni Canino, di 47. I tre sono stati condannati anche a risarcire Felice Pellegrino, costituitosi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Gandolfo. A difendere gli imputati, invece, sono stati gli avvocati Fabio Spanò, Pietro Palminteri, Francesca Frusteri. Questi, nel dettaglio, i fatti. Nell’aprile 2010, Pietro Pellegrino affronta Felice Pellegrino e a brutto muso, secondo l’accusa, gli dice: “Se io voglio ti faccio sparare, chiamo chi dico io e non ti faccio trovare più lavoro, vattene via”. E dopo le minacce, arriva anche il pestaggio. Il successivo 12 luglio, infatti, sempre secondo l’accusa, Pietro Pellegrino, Antonino Enrico Angileri e Giovanni Canino fanno irruzione, sfondando la porta d’ingresso, nell’abitazione di Felice Pellegrino, che viene preso a calci e pugni. Conseguenze dell’aggressione: trauma facciale, due denti saltati, cervicalgia, trauma costato destro e trauma coscia destra. E ancora minacce: “Ti raccomando di levare la denuncia che mi hai fatto, altrimenti non arrivi a domani, ti facciamo squagliare”. Cinque giorni prima, Felice Pellegrino si era recato dai carabinieri per denunciare le precedenti gravi minacce subite. E l’aggressione (tre contro uno) fu la feroce reazione. Felice Pellegrino fu, poi, trasportato al Pronto soccorso dell’ospedale “Borsellino” sull’ambulanza chiamata dai carabinieri. A rinviare a giudizio i tre imputati fu, nel febbraio 2011, il gup Vito Marcello Saladino.