Il Ministero della Pubblica istruzione ha incassato, sul fronte dei precari Ata, un’altra condanna ad opera del giudice del lavoro di Marsala. A seguito del ricorso di un collaboratore scolastico, infatti, il giudice Caterina Greco ha condannato il Miur per la “reiterazione” dei contratti a tempo determinato per oltre 36 mesi. Si tratta di una sentenza che rinnova le speranze di stabilizzazione di coloro che hanno prestato servizio per un periodo complessivamente superiore a 3 anni su posto vacante in organico di diritto. “Il ricorso reiterato al contratto a termine costituisce un illecito – afferma l’avvocato Valentina Favata, legale del lavoratore precario - e, pertanto, il Giudice non poteva che concludere per l’illegittimità, per contrasto con la normativa europea, delle assunzioni a termine su posto vacante per un periodo superiore a 36 mesi, riconoscendo al mio assistito il diritto all’indennità onnicomprensiva”. Indennità prevista dall’articolo 32 della legge n. 183/2010. Nel tempo, infatti, nelle scuole, si è fatto sempre più spesso ricorso a contratti a tempo. A ciò deve aggiungersi che da oltre un decennio non vengono banditi concorsi. Solo per i docenti c’è stata una massiccia immissione in ruolo sulla base della legge denominata “buona scuola”. Una legge che ha praticamente ignorato gli ata (assistenti amministrativi, tecnici e bidelli), scontentando, per altri motivi, anche la categoria degli insegnanti. Un paio di settimane fa, lo stesso giudice Greco aveva condannato il Ministero dell’Istruzione a seguito del ricorso di una assistente amministrativa “precaria” di una segreteria scolastica con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Il Miur ha condannato il Miur a corrispondere alla lavoratrice che ha fatto causa, assistita dall’avvocato Maria Italia, le differenze retributive maturate negli ultimi cinque anni di lavoro tra quanto percepito e quanto le sarebbe spettato in qualità di assistente amministrativo, profilo B1, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale ata, oltre agli interessi legali maturati e alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale. Attribuire al lavoro prestato da un precario, evidenzia il giudice nella sua sentenza, “una qualificazione di minor rilievo o differente qualità rispetto al lavoro svolto da altro diverso prestatore sarebbe quanto meno lesivo della dignità della sua opera e del suo apporto personale ed in contrasto con l’art. 1 della Costituzione”. L’impiegata precaria (G.G.) fa parte del personale amministrativo che dal primo luglio 2001 lavora nelle segreterie scolastiche con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. E che da diversi anni chiede il rispetto del D.M. 66/2001 nella parte in cui stabilisce la “stabilizzazione” lavorativa entro 5 anni dall’avvio dei contratti. Da allora, però, sono passati quasi 16 anni e la stabilizzazione non è ancora arrivata. Altre cause contro il Miur sono state promosse sia davanti il Tribunale di Palermo, che altrove. Gli assistenti amministrativi “cococo” sono circa 900 in tutta Italia, ma più della metà, 490, sono in Sicilia: 205 a Palermo, 157 a Siracusa e gli altri nel resto dell’isola. La battaglia per la stabilizzazione va avanti da anni. Di recente, è stata presentata anche una interrogazione parlamentare, con cui si invita lo Stato a stabilizzare questi lavoratori per evitare di soccombere davanti a vari giudici del lavoro.