E’ slittato di una settimana, in Corte d’assise, a Trapani, l’avvio del processo al 49enne Giovanni Domenico Scimonelli, presunto boss mafioso di Partanna, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Salvatore Lombardo, ucciso con due fucilate, a Partanna, davanti il bar “Smart Cafè”, in via XV Gennaio, il 21 maggio 2009. Alla base del rinvio c’è stata la decisione del giudice Piero Grillo di astenersi dal celebrare il processo in quanto presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani che nel luglio 2016 ha disposto il sequestro dei beni di Scimonelli: immobili, società e conti bancari per un valore complessivo di circa tre milioni di euro.
Il magistrato si è, quindi, autodefinito “incompatibile”. L’8 marzo, il processo sarà avviato davanti ad un altro giudice: Franco Messina. Lombardo sarebbe stato punito per il furto di un furgone carico di merce del supermercato Despar, di cui lo Scimonelli sarebbe stato “gestore di fatto”. Esecutori materiali dell’omicidio Lombardo sarebbero stati, invece, Nicolò Nicolosi, 45 anni, di Vita, e Attilio Fogazza, anch’egli 45 anni, di Gibellina. A sparare sarebbe stato il primo, mentre il secondo sarebbe stato alla guida dell’auto (una Volkswagen Polo) con cui fu raggiunta la vittima. Entrambi, alcuni mesi dopo l’arresto, hanno deciso di iniziare a collaborare con la giustizia. Fogazza e Nicolosi saranno processati con rito abbreviato. Dopo anni nei quali non si era riusciti a capire chi e perché avesse ucciso il Lombardo, nell’autunno 2015, polizia e carabinieri hanno individuato il possibile movente e i presunti responsabili nell’ambito delle indagini coordinate dalla Dda per la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro, al quale lo Scimonelli sarebbe molto vicino. Coinvolto, infatti, nell’operazione “Ermes” del 3 agosto 2015, il 2 maggio dello scorso anno il boss partannese è stato condannato a 17 anni di carcere dal gup di Palermo Walter Turturici. Per l’accusa, Scimonelli, nato a Locarno l’8 agosto 1967, imprenditore e pregiudicato, sarebbe un “colletto bianco” che avrebbe, tra l’altro, anche reinvestito in Svizzera i soldi di Messina Denaro.