Un anno e mezzo di reclusione è stato chiesto dal pubblico ministero Antonella Trainito per due medici dell’ospedale di Mazara imputati, davanti al giudice monocratico di Marsala Lorenzo Chiaramonte, per lesioni personali colpose aggravate.
I due medici alla sbarra sono Maria Assunta Canino, 52 anni, trapanese, e Francesco Quattrocchi, di 65, palermitano. Sono accusati di aver fatto entrare in coma, il 9 settembre 2010, il petrosileno Antonino Santo, all’epoca 54enne, affetto da SLA e deceduto poco più di due anni dopo (17 gennaio 2013).
Alla richiesta del pm si è associato il legale di parte civile, l’avvocato Ignazio Bilardello, che ha anche chiesto un risarcimento danni di 150 mila euro, di cui 30 mila come “provvisionale”. E cioè un anticipo immediatamente esigibile.
Ai due medici, il 9 settembre 2010 rispettivamente di turno al reparto di Pneumologia e al Pronto soccorso, si contesta di aver provocato, per “negligenza, imprudenza e imperizia, nonché inosservanza delle regole medico chirurgiche”, lo stato di coma a un paziente (l’allora 54enne Antonino Santo, di Petrosino, affetto da SLA e tracheostomia) trasportato al nosocomio perché non riusciva quasi più a respirare in quanto il ventilatore domiciliare era andato in tilt a causa una temporanea interruzione dell’energia elettrica.
A fronte delle persistenti difficoltà respiratorie, secondo l’accusa, i due medici non avrebbero proceduto “alla disostruzione della cannula tracheostomica, perseguendo l’errata ipotesi che ricollegava i disturbi respiratori al malfunzionamento del ventilatore”. I due medici dell’ospedale, inoltre, non avrebbero disposto un’analisi diagnostica (emogasanalitica) che, a giudizio della Procura, “avrebbe consentito ai sanitari di porre in essere le manovre necessarie ad impedire la dissociazione elettromeccanica”.
Tutto ciò avrebbe provocato un rapido peggioramento delle condizioni del paziente, che entrò in coma. All’inizio del processo, la figlia della vittima, Catia Santo, in aula, raccontò che decise di portare il padre in ospedale anche perché un avviso dell’Enel preannunciava l’assenza di corrente elettrica nella zona per sette ore.
“Al Pronto soccorso – ha detto Catia Santo – c’era il dottor Quattrocchi, che poi chiamò la pneumologa Canino. Dopo un po’, i medici, considerando, i valori stabili, hanno staccato il respiratore. Tanto che, dopo cinque minuti, mio padre cominciò a farmi segnali con le mani per dirmi che non poteva respirare, che gli mancava l’aria”. Poi, il coma. A denunciare i medici fu la moglie di Santo, Angelica Montalto.
A difendere i due medici sono gli avvocati Giacomo Lombardo e Giuseppe Ippolito. “Sono state rispettate tutte le linee guida esistenti in campo medico - ha affermato, in particolare, l’avvocato Lombardo, difensore della Canino – Bisognerebbe, invece, chiedersi cosa è stato fatto nei giorni precedenti l’arrivo al Pronto soccorso. Cosa ha fatto il medico di famiglia? I periti della Procura, poi, hanno espresso il loro parere non avendo a disposizione tutte le informazioni sul caso. Altrimenti, il loro parere sarebbe stato diverso”.