Diversi anni di carcere sono stati inflitti dal giudice monocratico Matteo Giacalone a tre castelvetranesi accusati di avere tagliato i ceppi di un uliveto per costringere una famiglia di imprenditori agricoli del centro belicino a versare loro del denaro.
I reati per i quali sono stati condannati sono estorsione e danneggiamento. Otto anni e mezzo di carcere sono stati inflitti a Giovanni Ballatore, di 39 anni, mentre sette anni e otto mesi sono stati decretati per Eduardo Catalano, di 63, e Giovanni Tilotta, di 54.
I fatti contestati sono relativi al periodo tra gennaio e maggio 2010, quando furono recisi i tronchi degli alberi di ulivo. Oltre a questo “avvertimento”, le vittime avrebbero subito anche minacce di morte (“Ammazziamo te e la tua famiglia… vi brucio le macchine… le case… voi ancora a me non mi conoscete… sono in grado di fare tutto… vi sparo a tutti; avete visto cosa succede a non darmi i soldi”).
Parti “offese”: i castelvetranesi Calogero, Pietro e Giuseppe Fazzino.
A Pietro Fazzino, figlio di Calogero, secondo gli inquirenti, con la distruzione dell’uliveto (5 maggio 2010) fu procurato un “danno patrimoniale di rilevante entità”.
Da due capi d’imputazione, comunque, Ballatore, Catalano e Tilotta sono stati assolti. E cioè dalle accuse di avere “portato in luogo pubblico un ‘machete’ senza avere la prescritta autorizzazione di P.S.” e di avere in concorso tra loro “illecitamente detenuto nonché portato in luogo pubblico un fucile da caccia”. Armi che, evidentemente, secondo l’accusa, sarebbero servite per mettere ancora più paura alle vittime.