Una perizia psichiatrica per stabilire le condizioni di salute mentale del 35enne tunisino Mohamed C’Ocri, 35 anni, processato in Tribunale (presidente del collegio: Vito Marcello Saladino) con l’accusa di tentato omicidio.
A chiederla sarà, probabilmente, l’avvocato difensore: Salvatore Errera. Il nordafricano, l’11 luglio dello scorso anno, avrebbe tentato di uccidere con una mannaia il titolare di autocarrozzeria del versante sud marsalese, Michele Bottiglia, che poco prima gli aveva detto che non poteva gonfiare le ruote del suo scooter perché non funzionava il compressore.
“Dalle dichiarazioni rese dal C'Ocrì – spiega l’avvocato Errera - è emerso che quest'ultimo possa essere affetto da disturbi della personalità e ciò anche in considerazione del fatto che, nel corso dell'istruzione dibattimentale, ha assunto atteggiamenti poco confacenti all' udienza penale”.
Anche in aula, infatti, il tunisino avrebbe addirittura manifestato propositi bellicosi persino nei confronti dei giudici. Il suo legale, quindi, probabilmente formalizzerà a breve richiesta di nomina di nomina di un medico legale, in qualità di consulente tecnico d’ufficio, per valutare lo stato di salute mentale dell'imputato. Ciò per verificare se al momento dei fatti contestati fosse “nelle condizioni di determinarsi coscientemente o meno”. Insomma, se era capace di intendere e di volere.
Tra l’altro, una decina di giorni fa, C'Ocrì è riuscito nell’impresa di farsi revocare gli arresti domiciliari (abita in contrada Fornara) per essere nuovamente rinchiuso in carcere perché, telefonando, aveva minacciato alcune persone. Nell’ultima udienza del processo, è stata la vittima a raccontare i fatti. Michele Bottiglia ha spiegato che l’11 luglio 2017, mentre era intento a riparare un’auto all’interno della sua officina in contrada Fornara, vide entrare C'Ocrì, che gli chiedeva di avere gonfiata una ruota del ciclomotore. “Io avevo il compressore guasto – dice Bottiglia - e gli ho detto che poteva andare al vicino rifornimento di benzina. Lui si allontanò senza dire nulla. Pochi secondi dopo, vidi l’ombra di qualcuno che entrava nella mia officina. Pensai che fosse un cliente. E invece con la coda dell’occhio mi accorsi di un braccio che si stava alzando per colpirmi con un grosso coltello. D’istinto, quindi, alzai il braccio per proteggere la testa”. Il tunisino, noto con il soprannome di "sette sette", aveva preso la mannaia da un sacchetto posto sul manubrio del suo ciclomotore. Il fatto strano è che l'aggressore, subito dopo il fatto, non si allontanava. Anzi, come se niente fosse, diceva a Bottiglia: "Michele, sei amico mio, non è successo nulla". Poi, andava via e l’indomani, mentre era sul suo scooter, fu investito da un autocarro. Ad arrestarlo furono i carabinieri. Dopo l’arresto, C'Ocrì rendeva delle dichiarazioni spontanee, sostenendo di essere vittima di una vera e propria congiura da parte di soggetti residenti in contrada Fornara e di essere stato il giorno successivo all'aggressione stranamente investito da un autocarro condotto da certo Sciacca. E’ chiaro, almeno secondo la difesa, che il nordafricano non è sano di mente.