Sei “non doversi procedere” per prescrizione del reato e un’assoluzione sono l’atto finale (a meno che la Procura non faccia appello all’unica assoluzione) della vicenda giudiziaria scaturita dall’indagine svolta nel 2013 dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura su una truffa all’Inps per indennità di disoccupazione che secondo l’accusa sarebbero state “indebitamente” percepite da diversi braccianti agricoli di Marsala e Petrosino.
I sei prescritti sono Giacomo Cosentino, Giovanni Maurizio Giacalone, Marcella Barbara Giacalone, Ignazio Fabio Lombardo, Emanuele Maggiore e Matteo Zerilli. A difendere i sei sono stati, rispettivamente, gli avvocati Graziella Rallo, Giacomo Pipitone, Antonino Salmeri, Maria Luisa Petruzzo, Duilio Piccione e Antonino Zichittella. Ad essere assolto (“il fatto non sussiste”), seppur con il secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale (“quando la prova manca o è insufficiente o contraddittoria”), è stato, invece, Pasquale Zichichi, che è stato difeso dall’avvocato Antonino Zichittella. Ad emettere la sentenza è stato il giudice monocratico Matteo Giacalone. Le posizioni dei sette imputati erano simili. Ma mentre i fatti contestati a Pasquale Zichichi, per il quale il pm aveva chiesto una condanna a un anno e 3 mesi di reclusione, erano datati fino al 2011, per gli altri sei si fermavano al 2010. Per questo motivo è scattata la prescrizione. Nulla esclude, però, che anche potessero essere assolti. Un dubbio che potrà essere sciolto quando saranno depositate le motivazioni (entro 90 giorni). A fine maggio 2014, però, davanti al gup Francesco Parrinello, altri cinque braccianti coinvolti nella stessa inchiesta delle Fiamme Gialle della Procura avevano preferito patteggiare la pena. Ad un anno di reclusione fu condannato Tommaso Pipitone, a 10 mesi Antonino Sciacca e Andrea De Pasquale e ad 8 mesi Gaspare Giacalone e Francesco De Vita. Pena sospesa per tutti. Alcuni di loro restituirono le somme indebitamente incassate. La truffa all’Inps, secondo l’accusa, sarebbe stata di circa 300 mila euro. I fatti contestati sono relativi al periodo tra il 2006 e il 2009. L’indagine, nel luglio 2013, era sfociata nell’arresto di Giacomo e Piernicola Abrignani, padre e figlio, ex rappresentate e impiegato della sezione di Strasatti della Confederazione italiana agricoltori, e di Giacomo Passalacqua, di 71 anni, commercialista, responsabile delle Acli nella stessa borgata marsalese. Anche Passalacqua preferì patteggiare la pena e fu condannato a 2 anni di reclusione (pena sospesa). Giacomo e Piernicola Abrignani, difesi da Giacomo Pipitone e Diego Tranchida, nel luglio 2015 furono invece assolti (“il fatto non costituisce reato”). Con prescrizione per i fatti antecedenti al 2007.