Un’anagrafe chiusa di antichi borghi marinari e tonnare storiche, una aperta di comuni (leggi flotte) che faranno rete per indirizzare scelte regolamentari e finanziarie; fermo delle barche in porto per non oltre cinque mesi di mare grosso all’anno; attrezzatura «dolce» per non sconquassare gli equilibri ecologici dei fondali e della riproduzione delle specie ittiche; codice scritto per chi imbarcha turisti e li porta a pescare, vendendo a bordo pesce e conserve, alla voce ittiturismo e pescaturismo.
Sono questi i punti salienti del disegno di legge che il presidente Nello Musumeci presenterà ufficialmente con l’assessore Edy Bandiera nei prossimi giorni. Si tratta della prima applicazione del principio di «regionalizzazione della pesca» come competenza esclusiva secondo la riforma del titolo V della Costutuzione datata 2001. Ciò avviene nelle stesse ore in cui si conclude l’iter di notifica del ricorso di Palazzo d’Orléans contro il decreto di Roma sulle quote tonno. E materia che riguarda una flotta peschereccia di 2.775 imbarcazioni, pari al 22,6% del totale nazionale, di cui il 70% piccoli scafi impegnati nella pesca artigianale. Ottomila gli addetti, per 300 milioni di fatturato lordo per la pesca e 500 per la trasformazione.
Una logica decentrata ma negli auspici coordinata, quella della bozza che adesso dovrà essere calendarizzata all’Ars, che diventa capillare all’articolo 2. La norma prevede infatti piani locali gestione da affidare a consorzi di pescatori comprendenti aree geografiche medio-piccole che pescano in tratti di mare omogenei per specie e caratteristiche ambientali. In pratica, i piani definiranno chi può pescare, cosa, come e dove. Nei tre mesi successivi all’approvazione della legge, il dipartimento della Pesca mediterranea selezionerà i consorzi responsabili. Mica bruscolini, le responsabilità affidate ai consorzi di pescatori: fra l’altro, garantire il rispetto delle norme sugli attrezzi, la composizione delle catture che possono essere tenute a bordo; e, soprattutto, delle zone e dei periodi di fermo biologico. Anche i rigetti in mare avranno, zona per zona, discipline specifiche. Il dipartimento terrà il Registro identitario della pesca mediterranea, con dentro i borghi marinari e le tonnare storiche, oltre alla Rete dei Comuni marinari, catalizzatore di misure e risorse finanziarie.
Ecco le città marinare individuate in prima battuta, incluso il numero di pescherecci autorizzati, iscritti nel Fleet register nazionale: guida Porticello che con Santa Flavia arriva a 230 barche, poi Mazara (213), Portopalo di Capo Passero (136), Sciacca (126), Lipari (123), Trapani (120), Isola delle Femmine (102), Marsala (96). Licata (93), Catania (90), Siracusa (84), Lampedusa (81), Termini Imerese (72), Milazzo (71), Vittoria-Scoglitti (69), Palermo (65), Messina (62), Sant’Agata di Militello (62), Messina-Torrefaro (58), Augusta, Porto Empedocle, Riposto (56), Pozzallo (54), Cefalù (51) Favignana, Levanzo, Marettimo (50), Giardini Naxos (44), Patti (43), Terrasini (41), Acireale-Santa Maria La Scala (39), Aci Castello (35), Spadafora (31), Balestrate (30), San Vito Lo Capo (29), Gela (28), Castellammare del Golfo (27), Pozzillo (22), Avola (20), Marettimo (19), Santo Stefano di Camastra, Trabia (18), Pantelleria (17), Santa Teresa Riva (14), Salina (13), Catania Ognina (12), Ustica (8), Capo d’Orlando (3).
In tempi di guardia alta per il tonno avariato e controlli stretti sulla tracciabilità, le norme alleggeriscono gli obblighi per chi vende direttamente dalla barca. Ma non un passo oltre. Per «piccoli quantitativi di pescato, per un valore non superiore a 50 euro per consumatore, il venditore è esonerato dagli obblighi comunitari di tracciabilità e informazioni al consumatore». «Restano ferme - precisa il ddl - tutte le disposizioni sanitarie e fiscali».