Fra i tanti post presi in esame c'era anche quello di un utente che scrisse “…hanno ucciso il fratello sbagliato”, proprio riferendosi all’omicidio di Piersanti Mattarella. Un altro post recitava: “Ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta?”. Trentanove persone, titolari di altrettanti profili Facebook, rischiano adesso di finire a giudizio con l'accusa di avere offeso il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il sostituto procuratore di Palermo Gery Ferrara ha ricevuto dalla Digos le identificazioni degli autori delle minacce e degli insulti rivolti a Sergio Mattarella dopo che il Capo dello Stato aveva affidato l'incarico per la formazione del Governo a Carlo Cottarelli. La Procura, con il coordinamento dell'aggiunto Marzia Sabella, sta procedendo all'iscrizione di tutti gli identificati nel registro degli indagati e potrebbe chiedere anche il giudizio immediato, per l'evidenza della prova. Tra loro anche Manlio Cassarà, palermitano, che aveva fatto riferimenti offensivi all'omicidio di Piersanti Mattarella.
Il Capo dello Stato - negli ultimi giorni di maggio - era divetato bersaglio di insulti e accuse dopo essersi opposto al nome di Paolo Savona come possibile ministro dell'Economia nel governo M5S-Lega guidato da Conte. Il "no" aveva portato lo stesso premier designato a rimettere il mandato. Sul piano politico questa decisioneportò a una levata di scudi da parte di pentastellati e Carroccio, con i primi pronti - per poi fare dietrofront - a chiedere la messa in stato di accusa di Mattarella. Sui social si erano così scatenati commenti e critiche. Centinaia i messaggi contro il Presidente. Alcuni però avevano fatto riferimento anche all'omicidio del fratello di Mattarella, Piersanti, assassinato a Palermo il 6 gennaio 1980. Secondo l'accusa quei commenti erano altamente offensivi nei confronti della massima carica dello Stato e da qui il pm Gery Ferrara, coordinato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal capo della Dda Francesco Lo Voi, aveva deciso l'iscrizione degli effettivi autori dei post. In un primo momento si era pensato a dei profili fake, intestati a persone diverse. Alla Digos e alla polizia postale sono bastate poche ore per risalire all'identità reale dei titolari dei profili.
I pm titolari dell'inchiesta ipotizzano il reato di attentato alla libertà del presidente della Repubblica, offesa all'onore a e al prestigio del presidente della Repubblica, puniti fino a 15 anni di reclusione. Non è esclusa anche l'ipotesi di istigazione a delinquere.