Due donne hanno sostanzialmente confermato, in Tribunale, a Marsala, le accuse contro un anziano presunto usuraio campobellese, l’83enne Vito Margiotta.
Sono Maria Ingianni e Paola Manfrè. “Mio marito aveva perso il lavoro – ha dichiarato la prima - Per questo abbiamo chiesto 3 mila euro, o 3500, a Margiotta. Ma poi il denaro l’abbiamo restituito”. Secondo l’accusa, però, a un tasso d’interesse annuo del 30,95%. Per entrambe le testimoni d’accusa, il Tribunale (presidente del collegio: Sara Quittino) ha acquisito i verbali con le testimonianze a suo tempo rese ai carabinieri. Le due donne hanno, di fatto, confermato le accuse a suo tempo mosse rispondendo in aula alle domande poste “a chiarimento”. Anche se c’è stata qualche piccola incertezza sulle cifre. Le due donne, però, hanno detto di considerare per buone quelle rese ai carabinieri, in quanto all’epoca i ricordi erano “più freschi”. Paola Manfrè ha detto che il marito era stato costretto a chiedere un prestito per poter pagare una bolletta della luce (“circa 950 euro”) e che fu lei a firmare l’assegno con cui fu restituito il denaro. Anche in questo caso con un tasso d’interesse annuo che sarebbe stato superiore al 30%. A rivolgersi all’anziano presunto “cravattaro”, tra il 2007 e il 2014, sarebbero stati, in momenti di grave difficoltà economica, imprenditori, artigiani e professionisti del centro belicino. L’indagine, svolta da carabinieri e guardia di finanza, è stata coordinata dal pm Giulia D’Alessandro. Ammonta a diverse centinaia di migliaia di euro il denaro che sarebbe stato prestato a tassi d’interesse, secondo l’accusa, dal 30% al 120% l’anno. Margiotta è difeso dagli avvocati Giuseppe Pantaleo e Giacchino Sbacchi. Tra i legali di parte civile, invece, Mariella Martinciglio, Franco Messina, Giuseppe Gandolfo e Giuseppe Novara. Gli ultimi due per le associazioni antiracket e antiusura di Marsala e Trapani. A far scattare l’inchiesta è stata la denuncia presentata ai carabinieri da una delle presunte vittime l’1 aprile 2015. Ma che il Margiotta fosse già da tempo nel mirino degli inquirenti si intuisce dal fatto che nelle carte in mano alla pubblica accusa c’è anche una “annotazione” di pg delle Fiamme Gialle di Castelvetrano che risale all’ottobre del 2010. Altre note, poi, sono state redatte tra il 2011 e il 2012. Una consulenza tecnica d’ufficio, infine, è stata affidata, nel 2015, dalla Procura al commercialista mazarese Giuseppe Russo (fratello dell’ex pm della Dda Massimo Russo).