Non c’è solo l’ergastolo per Nicolò Girgenti, 47 anni, bracciante agricolo e vivaista di Marsala, condannato dalla Corte d’assise di Trapani (presidente Piero Grillo) per l’omicidio, in concorso con ignoti, del maresciallo capo dei carabinieri Silvio Mirarchi.
Ci sono anche 4 mesi di isolamento diurno. Ed inoltre tutta una serie di pene accessorie (interdizione perpetua dai pubblici uffici, interdizione legale durante l’esecuzione della pena, pagamento delle spese processuali e del suo mantenimento durante la custodia cautelare in carcere) e soprattutto consistenti risarcimenti danno per le parti civili.
Trecentomila mila euro ciascuno per la moglie di Mirarchi, Antonella Anna Pizzo, e i figli Debora e Valerio. Mentre 180 mila euro l’imputato dovrà corrispondere a Ida Bagnato, madre del sottufficiale ucciso, e 120 mila euro ciascuno alla sorella e al fratello (Giulietta e Romeo Mirarchi). A rappresentare i familiari sono stati gli avvocati Giacomo Frazzitta, Piero Marino e Roberta Tranchida. E’ 25 mila euro, invece, il risarcimento danni stabilito per l’appuntato Cammarata (parte civile con l’assistenza dell’avvocato Walter Marino). Girgenti, infatti, è stato accusato anche del tentato omicidio dell’appuntato. I risarcimenti sono a titolo “provvisionale”. In attesa, cioè, dell’esatta quantificazione del danno da stabilire in sede civile. Quelli per la moglie e i due figli sono “immediatamente esecutivi”. Il sottufficiale fu ferito a morte con un colpo di pistola la sera del 31 maggio 2016 nelle campagne di contrada Ventrischi, nell’entroterra di Marsala, mentre con un altro carabiniere, l’appuntato Antonello Massimo Cammarata, era impegnato in un appostamento (volto a contrastare furti in campo agricolo) nei pressi di una serra all’interno della quale furono, poi, scoperte 6 mila piante di canapa afgana. Sette sarebbero stati, secondo gli inquirenti, i colpi di pistola esplosi da almeno due persone contro i due militari. Girgenti fu arrestato il successivo 22 giugno a seguito delle risultanze investigative del Comando dei carabinieri di Trapani e degli accertamenti del Ris di Messina, secondo i quali bracciante era nella zona dei fatti all’ora della sparatoria. La sua auto, quella sera, sarebbe transitata dalla strada in cui fu ucciso Mirarchi. Addosso, inoltre, gli furono trovate tracce di sostanze (nichel e nichel-rame) che, secondo l’accusa, sono presenti nella polvere da sparo. Anche se, secondo la difesa, potrebbero essere ricollegate all’uso dei fertilizzanti maneggiati da Girgenti sua attività lavorativa. Secondo l’accusa, la sera del 31 maggio 2016, all’arrivo del maresciallo Mirarchi e dell’appuntato Cammarata, Nicolò Girgenti, insieme a qualche altro complice, stava rubando (agendo da “socio infedele” del nuovo gestore) piante di marijuana dalla serra che aveva gestito fino a circa tre mesi prima. E i malviventi, vistisi scoperti, non esitarono a far fuoco contro i due carabinieri. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Poi, l’avvocato difensore Genny Pisciotta (subentrata a Vincenzo Forti dopo che questi ha deciso di lasciare) presenterà appello.