Il record - negativo, of course- spetta alla provincia di Messina. Lì, fra i Nebrodi e la costa, la Regione ha censito ben 166 vecchie discariche. Tutte potenzialmente pericolose al punto da rendere necessario un intervento urgente di bonifica. È questa la parte più importante di un piano varato venerdì dalla giunta senza tanto clamore che prevede l'investimento in tutta la Sicilia di 100 milioni per risanare aree inquinate da rifiuti urbani e industriali.
È un piano che doveva arrivare una quindicina d'anni fa, quello varato dal presidente Musumeci e dall'assessore Alberto Pierobon. E che arriva adesso anche per la difficoltà di reperire dati e indicazioni geografiche di discariche vecchie in qualche caso di più di 30 anni, ormai coperte da terreni incolti e di cui nemmeno i Comuni sanno più molto.
Ora di tutti questi impianti dismessi c'è almeno una fotografia generale: sono 511 e coprono un territorio vasto oltre 5 milioni di metri quadrati. In pratica, è come se la giunta avesse deciso di cominciare a bonificare un'area vasta come una metropoli.
Messina a parte, al secondo posto di questa speciale classifica c'è la provincia di Palermo: lì sono 93 le discariche dismesse da bonificare. Al terzo posto c'è l'Agrigentino con 63 impianti segnalati. E si prosegue poi con il Catanese che conta 45 vecchie discariche. Nel Nisseno ce ne sono 39, nell'Ennese 33, nel Siracusano 32, nel Trapanese 25 e nel Ragusano 15.
Si tratta di impianti - si legge nel piano appena approvato in giunta - che in passato, fino ai primi degli anni Ottanta, venivano autorizzati dai sindaci e in qualche caso dai prefetti. In quegli anni le regole erano meno stringenti di adesso. E spesso, maglie larghe a parte, c'erano anche discariche abusive. Così si sono moltiplicate fino a superare la media di un impianto in ogni Comune dell'Isola.
Quando alla fine degli anni Novanta le regole europee imposero di limitare le discariche, iniziarono le chiusure. Ma anche in questo caso non sarebbero state rispettate le norme per mettere i sigilli agli impianti: in particolare non sono stati fatti gli interventi per bonificare l'area in cui sorgevano. Malgrado il compito spetti ai sindaci, la Regione ha cominciato a pensare a un intervento nel 2003. Nel frattempo avrebbero dovuto essere accantonate le risorse necessarie.
Condizionale d'obbligo su ogni aspetto della vicenda visto che non tutti i Comuni - avverte adesso la Regione - sono in grado di sapere qual è la reale situazione ambientale e dunque qual è il tipo di intervento necessario. Allo stesso modo non si sa quanti Comuni hanno accantonato le risorse necessarie per intervenire.
Da qui nasce la decisione della giunta, che venerdì ha approvato il piano di Pierobon mettendo sul piatto 35 milioni per le prime bonifiche. Di questo budget, ben 14 milioni hanno già una destinazione frutto di un vecchio bando a cui hanno aderito appena 3 Comuni. Ora, con il nuovo piano, la giunta cambia i criteri di assegnazione delle somme e permette così a tutti i sindaci di ottenere i primi fondi. Su questo però serve anche un via libera di Bruxelles che alla Regione contano di ottenere in tempi rapidissimi.
Mentre partiranno i primi interventi l'assessorato condurrà un nuovo monitoraggio per verificare quanti e quali impianti hanno bisogno della bonifica e stabilire quindi il reale budget da investire. «La tutela dell'ambiente è una delle quattro priorità del mio programma - ha detto Musumeci -. Per anni le risorse sono rimaste inutilizzate, mentre non si ha certezza della natura delle 511 discariche: non sappiamo quali siano inquinanti e quali no. Procediamo per evitare ulteriori danni al territorio».
Il piano appena approvato dà mandato al dipartimento Acqua e Rifiuti, diretto da Salvo Cocina, e alla Ragioneria generale della Regione di trovare nuove risorse da mettere sul piatto. Una parte delle somme necessarie arriverà dalla cosiddetta Ecotassa che proprio i Comuni versano quando scaricano i rifiuti.
Ma ci sono anche altre strade che si stanno percorrendo. Una prende lo spunto da quanto fatto in Lombardia ed è inserita nel piano energetico, anche questo appena approvato. In sostanza si prevede l'affidamento dei siti ai privati per farli diventare produttivi autorizzando l'installazione ad esempio di impianti di energia rinnovabile in cambio della preliminare bonifica. Altra proposta in fase di valutazione riguarda l'istituzione di un fondo di rotazione per avviare le bonifiche con rateizzazione di 10 o 15 anni dei fondi erogati.
«Questo governo - ricorda Pierobon - ha da subito provveduto ad istituire l'Ufficio Speciale per il settore delle bonifiche dei siti contaminati al fine di rafforzare la governance sul tema e procedere all'aggiornamento della pianificazione di settore».
Dei 100 milioni stanziati venerdì, 65 andranno invece alla bonifica dei cosiddetti siti di interesse nazionale, cioè quelli dove hanno sede le raffinerie di Priolo e Milazzo. Nel dettaglio, 61 milioni andranno a Priolo e 4,3 a Milazzo. Si tratta di somme che erano in contabilità speciale a disposizione del commissario per l'emergenza rifiuti e dunque non a disposizione della Regione. «Per l'utilizzo - spiegano a Palazzo d'Orleans - era necessario il trasferimento nel bilancio della Regione. Sbloccato questo passaggio, si potrà accelerare l'iter per gli interventi in questi siti individuati in base alla pericolosità degli agenti inquinanti».