Sarebbe bastata una «terapia farmacologica» per combattere un'ulcera gastrica e, invece, le è stato asportato per intero lo stomaco per errore, dopo una diagnosi di tumore maligno che si è rivelata «totalmente sbagliata», secondo la Procura di Monza e i suoi consulenti. È l'assurdo «calvario», come l'ha definito lei stessa, a cui è stata sottoposta una donna di 53 anni, ora parte civile, con l'avvocato Francesco Cioppa, nel processo in corso a carico di due chirurghi dell'ospedale Irccs MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano), che rispondono di lesioni colpose gravissime.
Stando alla ricostruzione del pm Alessandro Pepè, la donna, madre di tre figli e con un lavoro nel campo della ristorazione, per circa dieci mesi, dopo l'intervento di gastrectomia totale del 4 aprile del 2016, non riuscì più ad avere una vita normale (perse 30 kg) e anche oggi si porta dietro «una malattia certamente o probabilmente insanabile», la perdita di un organo. E diede il consenso informato a quell'asportazione per una diagnosi di tumore maligno dello stomaco «priva di qualsiasi riscontro».
I chirurghi infatti avrebbero non solo interpretato in maniera errata la Egds (esofago-gastro-duodenoscopia, ndr) e la Tac addominale, ma non avrebbero neanche atteso l'esito delle biopsie eseguite. Dal canto suo il gruppo ospedaliero MultiMedica ha chiarito che «fin dall'inizio, il chirurgo ha sostenuto con la nostra struttura sanitaria di essere intervenuto su un organo malato, nel primario interesse della paziente e nel pieno rispetto di tutte le regole della scienza medica». Tutto era cominciato da un incidente stradale che aveva lasciato alla donna sintomi vari come nausea e vomito.