E’ stata una vera e propria evasione da film, quella di tre detenuti al carcere di Favignana del 28 ottobre 2017.
E’ da poco passata la mezzanotte, l’agente penitenziario fa il suo ultimo giro, fa l’ordinaria battitura del ferro sulle sbarre. Poco dopo in una cella tre detenuti si mettono in azione. Prendono un filo d’acciaio, legano e imbavagliano un quarto detenuto nella cella e cominciano a segare le sbarre della finestra. Quando finiscono passano dalla finestra senza ormai le sbarre, salgono pochi metri sul tetto e attraverso un varco sono già sul muro di cinta alto otto metri, Utilizzano le lenzuola ben annodate per calarsi nel cuore della notte fuori dal penitenziario dell’isola.
Alle 3 e mezzo di notte scatta l’allarme. Ma i tre detenuti non ci sono più.
Tra i fuggiaschi c’era anche un ergastolano, Adriano Avolese, condannato per omicidio, originario di Pachino, nel Siracusano. Gli altri due sono di Vittoria, Giuseppe Scardino e Massimo Mangione che avrebbero dovuto finire di scontare la pena nel 2032 e nel 2037. Erano stati trasferiti a Favignana da qualche mese dopo aver tentato di fuggire dall’istituto di pena di Siracusa. I tre sono stati rintracciati tra gli scogli della spiaggia di Punta Longa a Favignana pochi giorni dopo.
Per questa evasione rocambolesca sono finiti sotto processo l’ex direttore delle carceri e il comandante della penitenziaria.
Il processo per Renato Persico ex direttore delle carceri di Trapani e Favignana e l’allora comandante delle guardie penitenziaria, Silvia Lupo, comincia oggi.
Davanti al Gup dovranno rispondere di “colpa in custodia”, ossia per non aver adottato provvedimenti per impedire la fuga di tre detenuti che vennero catturati, poi, alcuni giorni dopo. Per i due il Pm Francesca Urbani ha disposto il giudizio immediato.
Ma la Procura di Trapani ha aperto una indagine anche su un’altra evasione. Quella avvenuta lo scorso mese di giugno alle carceri di Trapani. Un detenuto straniero riuscì a tagliare la corda durante l’ora d’aria e soltanto dopo una lunga e articolata “caccia all’uomo”, il fuggitivo venne arrestato e trasferito in un altro istituto penitenziario. La fuga venne segnalata ai carabinieri in ritardo. Due mesi dopo, tre auto in sosta nel parcheggio delle carceri del capoluogo vennero danneggiate. I responsabili dell’incursione approfittarono delle circostanza che le telecamere collocate nell’area non funzionavano, ma dalla relazione del Dap che eseguì una ispezione presso la casa di reclusione dopo l’evasione del detenuto straniero è emerso che il Ministero aveva erogato i fondi per l’acquisto di nuove telecamere.