Non sono state le dure parole ("E' un fango") intercettate e pronunciate dal giocatore Fabrizio Miccoli nei confronti del giudice Giovanni Falcone a far scattare una sorta di condanna etico-morale a tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dall’agevolazione e dal metodo mafioso.
Lo si legge nella motivazione della sentenza, depositata tre giorni fa, dalla quarta sezione della Corte d’appello di Palermo, che l’8 gennaio confermò la condanna di primo grado, inflitta all’ex fantasista di Perugia, Juventus, Lecce e Palermo, per essere stato il mandante di un’estorsione ai danni di un piccolo imprenditore.
Miccoli, 40 anni, è stato riconosciuto colpevole di un episodio di estorsione, è preciso e rimanda piuttosto allo stretto legame dell’imputato «con soggetti gravitanti nel mondo criminale mafioso del capoluogo siciliano» di cui aveva «mutuato linguaggio e atteggiamenti».
La vittima dell’estorsione, Andrea Graffagnini, fu costretta da Mauro Lauricella, figlio dell’ex latitante mafioso Antonino, detto lo «Scintilluni» (l'uomo che brilla), a pagare 10 mila euro a un ex fisioterapista del Palermo, Giorgio Gasparini, per un debito legato alla cessione delle quote della discoteca Paparazzi, che aveva avuto tra i soci anche l’altro ex giocatore rosanero Andrea Barzagli.
La difesa di Miccoli ha preannunciato il ricorso in Cassazione. Nella motivazione, scritta dal presidente del collegio, Massimo Corleo, le offese a Falcone, per le quali Miccoli - processato col rito abbreviato - ha più volte chiesto scusa, in lacrime, non sono decisive. La Corte rimarca però l’ipocrisia del calciatore che si è difeso dicendo di avere partecipato alla «partita del cuore» nel ricordo dei giudici uccisi da Cosa nostra.
Miccoli in realtà scrivono i giudici aveva assoluta dimestichezza e si muoveva in un paradossale e incivile tessuto comunicativo, espressione di un modo di essere e di intendere i rapporti con le istituzioni dello Stato. Nessuna «colpa morale», ma una precisa responsabilità penale, affidare «a taluni soggetti e in particolare a Lauricella, la soluzione di alcuni problemi, propri o di altre persone».