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11/12/2020 09:30:00

Mazara, i pescatori prigionieri in Libia. I familiari sotto casa della famiglia del Ministro Bonafede

 Aumenta la tensione sul caso vergognoso dei pescatori di Mazara del Vallo da più di 100 giorni prigionieri in Libia senza alcun motivo.

Ieri è salita la rabbia ai familiari dei marittimi, perchè è stata liberata una nave turca, "Mabouka", che con il tutto il suo equipaggio composto da sette marinai era stata sequestrata dalla milizia del generale Khalifa Haftar nell'Est della Libia il 5 dicembre scorso. "Apprendiamo con stupore che è stata liberata la nave cargo turca mentre i nostri pescherecci con 18 marinai a bordo sono ancora bloccati in Libia dal primo settembre scorso", afferma Tommaso Macaddino, della Uila pesca che si trova per ora nell'aula consiliare a Mazara occupata, da oltre 90 giorni, dai familiari dei pescatori fermati. 

"Siamo indignati perché i nostri congiunti subiscono un trattamento diverso da quello riservato ai turchi. Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più. Il ministro degli Esteri ci deve riportare i nostri cari a casa, siamo indignati e disposti ad inscenare proteste estreme", urla Cristina Amabilino, moglie di Bernardo Salvo, uno dei marittimi.

La contestazione con striscioni e fischietti si è spostata davanti all'abitazione dei genitori del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, concittadino dei manifestanti. "Sei incompetente - grida Giuseppe Giacalone, armatore di uno dei pescherecci fuggiti la notte del sequestro e padre di uno dei marittimi tuttora 'in stato di fermo' in Libia - Com'e' possibile che erano a 7 miglia da Tobruk e sono già stato liberati e noi ancora qui ad urlare da 102 giorni?".

"Incredulo" anche il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci che parla di "senso di smarrimento e di incredulità in questo momento".