Aumenta la tensione sul caso vergognoso dei pescatori di Mazara del Vallo da più di 100 giorni prigionieri in Libia senza alcun motivo.
Ieri è salita la rabbia ai familiari dei marittimi, perchè è stata liberata una nave turca, "Mabouka", che con il tutto il suo equipaggio composto da sette marinai era stata sequestrata dalla milizia del generale Khalifa Haftar nell'Est della Libia il 5 dicembre scorso. "Apprendiamo con stupore che è stata liberata la nave cargo turca mentre i nostri pescherecci con 18 marinai a bordo sono ancora bloccati in Libia dal primo settembre scorso", afferma Tommaso Macaddino, della Uila pesca che si trova per ora nell'aula consiliare a Mazara occupata, da oltre 90 giorni, dai familiari dei pescatori fermati.
"Siamo indignati perché i nostri congiunti subiscono un trattamento diverso da quello riservato ai turchi. Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più. Il ministro degli Esteri ci deve riportare i nostri cari a casa, siamo indignati e disposti ad inscenare proteste estreme", urla Cristina Amabilino, moglie di Bernardo Salvo, uno dei marittimi.
La contestazione con striscioni e fischietti si è spostata davanti all'abitazione dei genitori del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, concittadino dei manifestanti. "Sei incompetente - grida Giuseppe Giacalone, armatore di uno dei pescherecci fuggiti la notte del sequestro e padre di uno dei marittimi tuttora 'in stato di fermo' in Libia - Com'e' possibile che erano a 7 miglia da Tobruk e sono già stato liberati e noi ancora qui ad urlare da 102 giorni?".
"Incredulo" anche il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci che parla di "senso di smarrimento e di incredulità in questo momento".