Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
30/12/2020 06:57:00

Paceco, il condannato a morte di Via Toselli 

 Carissimi amici alberi, carissimi cittadini di Paceco,

vi comunico con tristezza che sono stato condannato a morte. Mi sento però calmo e muoio sereno, con l’animo tranquillo.

Come sapete mi chiamo Pino, Pino d’Aleppo per la precisione. Da giovanissimo, circa 100 anni fa, sono stato piantato al confine del giardino di una villa che si affacciava sulla regia trazzera, ora via Concordia. Negli anni trenta la villa apparteneva alla signora Anna Greco sposata con l’avvocato Antonino Gentile. Ricordo che all’ingresso della villa c’erano due grossi pilastri in tufo e un cancello in ferro battuto; uno dei due pilastri è visibile nella foto allegata.

Quando mi piantarono fu una festa, eravamo in tanti, giovani e posti in fila indiana. Nel dopoguerra eravamo già alberi adulti, vigorosi, alti, orgogliosi della nostra forza e ricordo benissimo quando, intorno a noi, molti terreni furono concessi in enfiteusi per permettere ai contadini di costruirsi una casetta pagando il censo che era, appunto, un modesto canone enfiteutico.

Poi, nei primi anni ’80, una lottizzazione coinvolse la zona e anche il terreno della villa. Le strade furono ridisegnate, u stazzuni poco distante fu demolito e alcuni alberi miei amici furono eliminati. Io mi sono salvato perché mi trovavo al centro dell’incrocio e non davo fastidio a nessuno, anzi facevo quasi da vigile urbano. Probabilmente neanche sapevano che rappresentavo una sorta di pietra miliare perché sono stato scientemente piantato proprio nello spigolo d’intersezione tra la proprietà privata e la regia trazzera.

I cittadini del quartiere mi hanno sempre voluto bene; quasi ogni anno mi riempivano di luminarie natalizie, a volte organizzavano anche un piccolo presepe ai miei piedi e io ero contento, partecipavo al Natale e donavo ossigeno a tutti.

Negli ultimi anni alcune delle mie radici hanno sollevato un po’ l’asfalto; noi pini siamo così, è normale che alcune radici superficiali ingrossino e spostino l’asfalto. Altrove la cosa si risolve col buonsenso e con degli interventi continui di piccola manutenzione. Nel mio caso l’incrocio è spazioso e consentirebbe di allargare l’aiuola per inglobare la maggior parte delle radici più grosse; alcune radici lontane dal tronco si potrebbero eliminare e, su altre radici, si potrebbero costruire a regola d’arte uno o due dossi segnalati da appositi cartelli stradali.

Ma qua non ne vogliono sapere. Non hanno preso in considerazione neanche l’accorata segnalazione di Italia Nostra del 9 marzo 2020 che, in occasione dell’inutile taglio di tre grossi alberi (due pini e un platano) nella via Trapani, invocava clemenza per me.

Ma ormai hanno deciso, vogliono cancellare me e i miei ricordi, spianare tutto e realizzare una “rotonda”. E pertanto l’ufficio tecnico ha preparato la condanna, pardon il progetto. L’oggetto della relazione del progetto è questo: “Lavori di sistemazione straordinaria di strade ed edifici Comunali” e a proposito della mia condanna hanno scritto soltanto che è prevista “nella piazzetta Toselli la rimozione dell’albero di Pino e la realizzazione di una rotonda”. Nient’altro. Ma perché? Forse perché, come recita il poeta, “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare”.

Forse si teme che io crolli? Penso proprio di no perché io sono robusto, il mio legno è sano e sto bene. E comunque, se veramente pensassero questo avrebbero certamente allegato una indagine tecnica sulla mia presunta instabilità.

Più probabilmente il problema sta nell’asfalto sollevato dalle mie radici. Ma, mi chiedo, prima di condannare, hanno consultato un agronomo per verificare se esistono soluzioni meno drastiche e tecnicamente fattibili?

La verità è che alcuni amministratori comunali mi vedono come un fastidio e non come un bene comune che abbellisce la città e la fa respirare meglio. Eppure quello che ci accade intorno, dal riscaldamento globale agli incendi dei boschi, imporrebbe un impegno importante per tutelare il verde esistente; peraltro anche gli orientamenti legislativi (vedi legge 10/2013) sollecitano i Comuni a salvaguardare e gestire il verde pubblico esistente e danno indicazioni per aumentarlo.

Addio alberi superstiti, addio cittadini carissimi.

Ringrazio Carlo di Bella, Nino Morici, Mario Aleo e Biagio Giustiniani per le informazioni che mi hanno fornito.

Totò Pellegrino