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26/06/2021 06:00:00

Il Covid adesso uccide come una normale influenza. I dati 

Grazie ai vaccini crolla la letalità del Covid: adesso uccide  come una normale influenza stagionale. Le vittime, infatti, sono calate dell'80%. Lo conferma uno studio dell'Ispi sugli effetti sulla popolazione italiani del piano di immunizzazione e della campagna di vaccinazione. Questo dato ha anche un corollario: per chi non è ancora vaccinato i rischi rimangono alti.  Per chi non è vaccinato, infatti, il rischio di contagiarsi, essere ricoverato o morire se contrae l’infezione non cambia.

Secondo gli studi la letalità del Covid, prima dell'inizio della campagna vaccinale, era del 13% per gli over 90 (cioè 13 persone su 100 che hanno più di 90 anni e lo contraggono vanno incontro alla morte), del 7% per gli 80-89enni, del 3% tra i 70 e i 79 anni, dell’1,5% tra i 60 e 69, e via a scendere ben sotto lo 0,1% per gli under 40. Si tratta di dieci volte il tasso di letalità della banale influenza di stagione. 

Adesso, con i vaccini, la letalità si riduce del 90%. La prova è nei casi giornalieri e nei nuovi ricoveri in terapia intensivi (-95%). Il 17 Marzo, ad esempio, in un giorno si segnavano 22.633 contagi  (media mobile su 7 giorni) con 324 ingressi in rianimazione. Adesso le infezioni giornaliere, nella media, sono mille, e gli ingressi in rianimazione una decina. Diminuiscono anche i decessi, sempre del 90%. 

Il tutto, comunque, sempre al netto di quello che potrebbe accadere in Italia con il diffondersi della variante Delta. Qui gli ultimi aggiornamenti. 

Il 58% degli italiani vaccinabili ha ricevuto almeno una dose: il 93% tra gli 80enni, l’86% tra i 70enni, l’80% tra i 60enni, il 67% tra i 50enni, il 46% tra i 40enni, il 31% tra i 30enni, il 25% tra i 20enni, e il 18% sotto. Vuol dire avere vaccinato con una dose oltre 31 milioni di persone, di cui oltre più di un milione con il monodose Janssen. Ciclo completato, dunque, compresi i vaccinati con Janssen, per almeno 15 milioni (28% della popolazione vaccinabile).

Un recente lavoro dell’Istituto superiore di Sanità, dal titolo «Impatto della vaccinazione Covid-19 sul rischio di infezione da Sars-CoV-2 e successivo ricovero e decesso in Italia», stima di quanto i rischi di infezione, ricovero, ammissione in terapia intensiva e decesso diminuiscano rapidamente dopo le prime due settimane. Dopo 35 giorni si osserva una stabilizzazione di questa riduzione che è di circa l’80% per il rischio di diagnosi, il 90% per il rischio di ricovero e di finire in rianimazione e il 95% per il rischio di decesso.

Il report è disponibile a questo link. 

Questi dati, uniti al tasso di letalità per fascia di popolazione, sono stati utilizzati dall’Ispi per elaborare il modello matematico che permette di calcolare quanto stia cambiando la pericolosità sociale del virus. Insomma: quanto siamo vicini al -90% che lo rende come l’influenza? Nell’algoritmo vengono inseriti nell’ordine la popolazione, il tasso di letalità per fascia d’età, e la percentuale di vaccinati via via per ciascuna di queste, per arrivare a definire di quanto stia calando l’impatto del Covid in termini di morti dopo la prima dose e dopo la seconda.  Risultato: oggi la pericolosità del Covid si è ridotta dell’80%, a un passo da quel 90% che lo rende paragonabile all’influenza.

Agli immuni da vaccino va intersecato il numero di italiani che, secondo l’Istituto Kessler, hanno gli anticorpi perché hanno contratto il virus: tra gli 11 e i 16 milioni (i numeri ufficiali sono intorno ai 4 milioni perché tengono conto solo dei tamponati). Non sappiamo quanti di questi guariti siano anche vaccinati, ma ciò spiega ulteriormente un ormai elevato livello di protezione della popolazione.