Come leggere la bocciatura del Dup in consiglio comunale?
Qual è lo stato di salute dell’amministrazione 5 Stelle a Castelvetrano?
Attraverso il Dup (Documento Unico di Programmazione) l’amministrazione comunale disegna lo sviluppo del territorio. Mercoledì scorso il documento è stato oggetto di discussione in consiglio, ma prima della votazione, i consiglieri d’opposizione hanno chiesto una sospensione della seduta. Al ritorno in aula però erano spariti, facendo mancare il numero legale. Il giorno dopo, 10 contro 10, il Dup è stato bocciato. Arriverà quindi un commissario ad acta, che si occuperà dell’approvazione di questo documento riconvocando il consiglio comunale. E se il consiglio lo boccerà di nuovo, verrà sciolto e… tutti a casa.
Ma non lo boccerà di nuovo, perché nessuno ha intenzione di lasciare la poltrona, né gli appassionati del gettone di presenza (per carità, pochi, praticamente nessuno), né i paladini dell’interesse collettivo (ma certo, molti, praticamente tutti).
Cosa comporta questo slittamento?
“La città deve procrastinare tanti programmi – ha spiegato il sindaco Alfano in un video su facebook – aspettare che venga il commissario, rivedere e approvare il 2021-2023, rifare nuovi bilanci…”.
L’opposizione ha vinto 3 a 0, ma a perdere è stata la città, ha concluso Alfano.
La maggioranza dei cittadini però non conosce i giochi politici alla base di questi fallimenti, che sono la conseguenza più o meno diretta del fatto che i 5 Stelle di Castelvetrano non hanno più la maggioranza da tempo. E a nulla vale la convinzione naif che il bene della città debba prevalere comunque.
Anche perché il Dup è un documento politico, in cui si sceglie di intervenire così e cosà, secondo la propria visione, fermo restando l’esigua disponibilità delle risorse economiche di un comune in pieno dissesto finanziario. E il modo in cui si pensa di intervenire, può legittimamente non piacere ad un’opposizione che ha una visione politica completamente diversa.
Certo, la minoranza avrebbe potuto suggerire le proprie modifiche e non l’ha fatto. Ma se l’avesse fatto e la giunta avesse quindi presentato un documento diverso, sarebbe sorto un altro problema: nel caso in cui poi si fossero opposti alla realizzazione degli interventi previsti dal Dup, sarebbero stati tacciati di incoerenza (“ma come, l’avete approvato e adesso vi opponete?”).
Il punto quindi non è tanto stabilire se questa bocciatura, che comporterà certamente un danno alla comunità, sia stata “colpa” di quei consiglieri di opposizione che non sono tornati in aula facendo cadere il numero legale, oppure responsabilità dei due consiglieri di maggioranza assenti il giorno dopo.
Questa vicenda, come altre simili, è data invece dal fatto che da un bel po’ il sindaco non ha più la maggioranza. E per riaverla sarebbe necessario un compromesso politico con una delle forze di opposizione. Al di là quindi delle solite reazioni polarizzanti sui social contro “questo sindaco che ormai si deve dimettere”, o contro le opposizioni “irresponsabili nei confronti della città”, ci sarebbe da chiedersi perché non sia stata ancora possibile un’alleanza in modo da tirare fuori dalla palude questo governo locale.
Certo, tutti sembrerebbero disponibili per il bene della città. Sarebbe davvero difficile trovare un consigliere (di maggioranza o di opposizione) che dicesse che della città non gliene importi nulla.
Ma allora perché questo benedetto accordo non si fa?
Forse perché c’è un nodo fondamentale da sciogliere: il come.
In politica, per raggiungere una maggioranza duratura, solitamente la condivisione dei temi viene “suggellata” dall’ingresso in giunta di qualche assessore di riferimento.
Questo però, nel corso dei mesi, non è avvenuto. Nemmeno col Partito Democratico, che poteva essere quello più compatibile non solo politicamente, ma anche per il modo di fare pacato e rispettoso pur nell’acceso ruolo dell’opposizione.
Ma immaginiamo per un attimo che il Pd fosse passato al governo coi 5 Stelle, guadagnando tre assessori: ad approvare gli atti in consiglio comunale non sarebbero più stati 12 contro 12, ma 10 contro 14. Si sarebbe risolto lo stallo, sbloccando finalmente il freno all’azione amministrativa? Certo che si. Ma per quanto tempo? E se nel giro di poche settimane un paio di consiglieri 5 Stelle fossero passati all’opposizione? Non sarebbe stata una novità, se pensiamo al caso dei tre fuoriusciti dal movimento agli inizi del 2020 che, di fatto, hanno determinato la perdita della maggioranza. Il motivo preciso perché due dei tre consiglieri sono passati dall’altra parte è che si erano visti ridurre il numero delle commissioni consiliari in cui operavano.
Oggi è facile mettersi nei panni del Pd e chiedersi: ma se facciamo l’accordo coi 5 Stelle e poi due di loro passano all’opposizione, noi che figura ci facciamo?
Timore che, se vogliamo, potrebbe appartenere anche alle altre forze politiche di opposizione.
E allora, la disponibilità delle opposizioni ad un cosiddetto “governo di salute pubblica”, diventa condizionato all’azzeramento della giunta, con l’esplicita e dichiarata consapevolezza che “si chiude una pagina politica e se ne apre un’altra”, come ha dichiarato più volte il consigliere del Pd, Marco Campagna. Il sindaco però non ha nessuna intenzione (almeno per il momento) di azzerare la giunta in modo preventivo. E’ una cosa che farebbe soltanto dopo aver trovato gli accordi necessari e le persone in grado di continuare il lavoro che gli attuali assessori stanno portando avanti, soprattutto in termini progettuali per ottenere i fondi del PNRR.
Insomma, il problema pare stia nel modo in cui più forze politiche (tutte?) potrebbero dare una mano per tirare fuori l’amministrazione dal pantano.
Gli stessi consiglieri di maggioranza avrebbero manifestato apertura, in modo abbastanza atipico ed irrituale, attraverso un documento inviato a tutte le forze politiche nell’agosto scorso (ad oggi non reso pubblico), al quale però non sarebbe seguita alcuna risposta.
“Non posso dialogare con chi nemmeno risponde”, ha affermato Alfano durante una diretta radio a RCV. “Rendete pubblico il documento – ha risposto Marco Campagna – che diventi oggetto di dibattito pubblico”.
“Se il sindaco non può garantire i numeri, si dimetta” ha detto invece Calogero Martire di Obiettivo Città. Ipotesi percorribile?
“Se mi dimettessi, la città non recupererebbe più” ha sottolineato Alfano.
Il nodo è ancora lontano dall’essere sciolto. Così come il consiglio comunale. Ma quella è responsabilità.
Egidio Morici