E’ stato il commissario di polizia Angelo Palumbo l’unico teste ad essere ascoltato, ieri pomeriggio, davanti il Tribunale di Marsala (presidente Saladino, giudici a latere Giacalone e Agate), nell’udienza del processo che vede imputato il 54enne presunto boss partannese Giovanni Domenico Scimonelli, dagli investigatori ritenuto un elemento di spicco negli organigrammi di Cosa Nostra belicina.
In questo processo deve difendersi da associazione mafiosa (per cui è già stato condannato, a Palermo, nell’ambito del procedimento “Ermes”) ed estorsione. I suoi legali sono gli avvocati Calogera Falco e Luca Cianferoni. Ad accusarlo sono ancora i due suoi presunti ex gregari: Nicolò Nicolosi, di Vita, e Attilio Fogazza, di Gibellina, poi pentitisi, che nel settembre del 2020 sono stati condannati, con rito abbreviato, per associazione mafiosa e per gli attentati incendiari dei quali si sono autoaccusati, affermando di averli compiuti su ordine di Scimonelli.
Nicolosi e Fogazza sono stati condannati dal gup di Palermo Maria Cristina Sala a sei anni e 4 mesi di carcere ciascuno. I due avevano collaborato con la giustizia ed erano già stati condannati a 16 anni ciascuno dopo essersi autoaccusati dell’omicidio di Salvatore Lombardo, un pastore di 47 anni ucciso con due colpi di fucile il 21 maggio 2009 a Partanna. Anche in questo caso hanno accusato Scimonelli di essere il mandante. E per questo il presunto boss è stato condannato all’ergastolo con sentenza ormai definitiva.
In questo procedimento, invece, Nicolosi e Fogazza hanno dichiarato di essere gli autori di una serie di attentati incendiari eseguiti, tra il 2008 e il 2012, contro imprenditori e professionisti della Valle del Belice. Una delle intimidazioni i più eclatanti fu quella ai danni di Nicola Clemenza, presidente dell’associazione Libero futuro antiracket di Castelvetrano, a cui fu incendiata l’auto e il prospetto dell’abitazione il giorno prima dell’inaugurazione di un consorzio di agricoltori di cui era promotore. Clemenza è stato una delle otto parti civili. Ieri, il commissario Palumbo, rispondendo alle domande del pm della Dda Pierangelo Padova, ha parlato degli accertamenti fatti sull’incendio del portone dell’abitazione, a Santa Ninfa, di Livia Accardi, che, ha detto l’investigatore, era stata legata sentimentalmente a Melchiorre Saladino, imprenditore salemitano arrestato nell’operazione “Eolo” e poi assolto dal Tribunale di Marsala.
Il prossimo 23 marzo, intanto, verranno ascoltati altri testi del pm (investigatori e le vittime degli attentati) e il 9 maggio i due grandi accusatori: i pentiti Nicolosi e Fogazza, che saranno ascoltati in video-conferenza. Nato a Locarno, “Mimmo” Scimonelli ha vissuto in Svizzera per oltre 20 anni prima di trasferirsi in Sicilia. A Partanna, è diventato un uomo d’affari (gestore supermercati Despar e azienda vinicola “Occhiodisole”). E spesso tornava in Svizzera, a Lugano, perché lì, secondo gli investigatori, aveva le chiavi delle casseforti di Matteo Messina Denaro. I viaggi in Svizzera sarebbero serviti per controllare i conti correnti del boss castelvetranese, per conto del quale avrebbe anche raccolto i "pizzini" degli altri "associati".
A Scimonelli, nel novembre 2019, sono stati confiscati beni per un valore stimato in 3 milioni di euro.