Ieri, 22 marzo, era la Giornata mondiale dell’acqua. Istituita 30 anni fa dalle Nazioni Unite, uno degli obiettivi principali della Giornata è ispirare l'azione per ottenere acqua e servizi igienici per tutti entro il 2030.
E il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, alle prese con l’emergenza nitrati nell’acqua, ha annunciato, proprio ieri, che l’acqua in città sarà praticamente privatizzata.
Con toni trionfalistici Grillo ha annunciato un investimento di 90 milioni di euro a carico dei fondi del Pnrr e Fondo Sociale Europeo per “il potenziamento della rete idrica ed il collegamento con Montescuro, così da fare arrivare acqua potabile in tutte le abitazioni di Marsala”. Grillo parla di “risultato nel quale confidavo e che mi inorgoglisce perché rappresentava uno dei punti più ambiziosi e più difficili del mio programma elettorale.
Oggi, finalmente, dopo mesi di intenso lavoro insieme all’Ingegnere Fabio Sardo, tecnico della mia Governance, posso dirvi che questo progetto diventa realtà”. Oltre al fatto che qualcuno è rimasto nella governance, passa in sordina un altro aspetto della dichiarazione di Grillo. Cioè che l’acqua passerà sotto la gestione di Siciliacque, società mista più privata che pubblica, visto che il 75% delle quote è in mano a privati come Idrosicilia (59,6% Veolia Water Solution and Technologies, Enel 40%, EMIT 0,1%) e il 25% della Regione Siciliana. Quindi si tratta sostanzialmente di privatizzare la gestione dell’acqua, e in questi casi potrebbe aumentare anche la bolletta.
Il progetto prevederebbe il collegamento con Montescuro dell’acquedotto comunale, con la gestione, di conseguenza, da parte di Siciliacque. I lavori, prevede il sindaco, dovrebbero cominciare nell’autunno 2023 (segniamo in calendario, non vorremmo assistere ad altre figuracce come il padiglione Covid…) e finire nel 2026. Per il sindaco questo progetto permette di risolvere due grossi problemi: quello della elevata presenza di nitrati nell’acqua e del prosciugamento delle falde acquifere della città. Il progetto coinvolge anche le città di Mazara (da anni alle prese con il problema dei nitrati) e Petrosino.
L’annuncio arriva dopo oltre un mese di emergenza idrica a Marsala, con il divieto di utilizzare l’acqua per bere e per cucinare a causa dell’elevato tasso di nitrati. Un mese in cui l’amministrazione comunale, oltre a fornire dati - è il caso di dirlo - col contagocce, ha provato una serie di manovre, come la miscelazione, per livellare la concentrazione di nitrati. Si è tentato, sostanzialmente, di miscelare l’acqua proveniente dai pozzi in cui c’è un elevato tasso di nitrati con quella proveniente da pozzi “buoni”. L’esperimento non ha dato i risultati sperati, e i cittadini sono esasperati.
Solo nella zona di Birgi è stato revocato il divieto, perchè è servita dalla condotta di Siciliacque e l’acqua ha una concentrazione di nitrati sotto la soglia consentita.
C’è da dire che il Comune ha indicato una serie di fontanelle dalle quali approvvigionarsi, per evitare ai marsalesi di comprare acqua in bottiglia anche per bollire un piatto di pasta. Ma le fontanelle non sono in ottime condizioni, alcune neanche funzionano.
Come a San Leonardo, accanto il ristorante Saro, dove fontanella e cisterna non sono invitanti, come ci ha segnalato un lettore.
In tutto ciò, dicevamo, ieri era la Giornata mondiale dell’Acqua, istituita 30 anni fa per sensibilizzare ad un uso responsabile delle risorse idriche, contro gli sprechi, e in un’ottica di cooperazione con paesi in cui la siccità e l’assenza di infrastrutture idriche causa migliaia di morti. E i numeri non sono molto buoni per il nostro territorio.
Gli italiani sono tra i cittadini d’Europa che sprecano di più per quanto riguarda il consumo di acqua. Il consumo personale in Italia è di 220 litri contro i 165 litri di media europea.
Nei giorni scorsi l’Istat ha pubblicato il report sull’acqua. Nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per km di rete nei capoluoghi di provincia/città metropolitana, il 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018).
In 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, tutti nel Mezzogiorno, sono state adottate misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua. Le situazioni più critiche ad Agrigento e Trapani (proprio fornite da Siciliacque), dove l'erogazione dell'acqua è stata sospesa o ridotta in tutti i giorni dell'anno, con turni diversi di erogazione estesi a tutta la popolazione residente.
L’adozione di misure di razionamento solo per una parte del territorio comunale ha coinvolto sette capoluoghi di provincia (a parte Avellino, tutti situati in Sicilia); due casi in più rispetto all’anno precedente. Le misure restrittive hanno interessato circa 227mila residenti, soprattutto siciliani (13,9% della popolazione residente nei capoluoghi della regione). A Catania la distribuzione dell'acqua è stata ridotta per fascia oraria per sei giorni nel mese di luglio. Ad Avellino e Palermo l'erogazione dell'acqua è stata sospesa nell’arco dell’anno, rispettivamente per 11 e 183 giorni, per fascia oraria, soprattutto nelle ore notturne, per consentire il riempimento delle vasche di alimentazione della rete di distribuzione, coinvolgendo rispettivamente il 18,8% e l’11,1% dei residenti. A Caltanissetta il 20,8% dei residenti è stato sottoposto a una riduzione o sospensione nell’erogazione dell’acqua per complessivi 211 giorni. A Ragusa si è fatto ricorso a turni di erogazione o sospensione dell’acqua per 75 giorni in alcune zone della città, interessando il 13,9% dei residenti.