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21/07/2022 07:20:00

Così Lega, Forza Italia e 5 Stelle hanno affossato Draghi. La crisi in diretta

14,00 -  C'è "il tentativo di cercare di scaricare le responsabilità gli uni sugli altri. Chi ieri non ha dato il voto di fiducia a Draghi non lo può applaudire Draghi, ha deciso di affossare un'esperienza di governo che stava facendo uscire l'Italia dalla crisi. Noi siamo stati alla parte giusta della storia". Lo ha detto il segretario Pd, Enrico Letta, intervenendo alla riunione della segreteria, al Nazareno a Roma. "Gli atti di ieri peseranno molto sulle elezioni, gli italiani sceglieranno sulla base delle scelte di ieri".

"Ieri si è creato un vulnus nei confronti del Paese che durerà a lungo, a meno che non vinciamo noi, che saremo in grado di riprendere il filo positivo che si è interrotto", ha detto Letta ricordando "i danni che stiamo vendendo e che colpiranno la parte più debole della società, quella a cui parleremo".

"Le responsabilità dei partiti che non hanno votato la fiducia ieri sono di tutti, non mi si venga a fare classifiche di responsabilità, gli italiani non lo capirebbero". Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, nell'assemblea congiunta dei gruppi Pd, in corso alla Camera. "Non siamo come gli altri, chi si è assunto la responsabilità di fare un danno al Paese nelle urne dovranno pagare le conseguenze, noi abbiamo deciso di scegliere l'Italia". Lo ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, nell'assemblea congiunta dei gruppi Pd.

 

"Il Parlamento si è messo contro il Paese, ma non tutti, noi abbiamo dimostrato di guardare agli interessi del Paese e gli elettori lo premieranno".

La deputata Soave Alemanno lascia il M5s. Maria Soave Alemanno alla Camera aderisce al gruppo di Italia Viva. La deputata pugliese, che in questi giorni ha criticato la scelta del partito di non sostenere il governo Draghi, ha annunciato l'addio su Facebook, dicendosi "amareggiata" e spiegando che "quella scritta nell'ultimo periodo è una brutta pagina che non avrei voluto leggere".

  11,50 -  "Mi recherò al Quirinale per comunicare le mie determinazioni". Un discorso brevissimo, quello di stamattina di Mario Draghi, per annunciare alla Camera l'intenzione di recarsi al Colle per rassegnare le dimissioni. Dall'Aula arrivano applausi sparsi. Dai ministri, l'unico 5 Stelle a battere le mani è Federico d'Incà, titolare dei rapporti col Parlamento.

L'esecutivo, insomma, è a fine corsa, dopo quanto emerso nella lunghissima giornata di ieri al Senato. Le forze politiche già pensano al voto, probabilmente il 2 ottobre o 9 ottobre. 

 Al Colle, il capo dello Stato ha accolto le dimissioni del premier. Come da comunicato del Quirinale il governo resta in carica "solo per gli affari correnti". Non è escluso, però, che Draghi possa addirittura varare la manovra ai primi di settembre, in attesa del voto politico. Nel pomeriggio il Quirinale ha convocato i presidenti di Camera e Senato "ai sensi dell'articolo 88 della Costituzione" che disciplina lo scioglimento delle Camere. Intanto Letta ha convocato i gruppi dem: "Il campo largo è finito, ora dobbiamo fare noi", ha detto. E anche i 5 Stelle sono riuniti con Conte.

Nel pomeriggio il presidente della Repubblica parlerà dopo aver incontrato i presidenti di Camera e Senato.

 

 

08,00  -  Ieri sera, a Palazzo Madama, al momento di votare lafiducia al governo, solo Pd, LeU e i partiti di centro hanno optato per il sì. Fratelli d’Italia e Alternativa hanno votato contro, Lega e Forza Italia sono usciti dall’Aula e il M5S, per evitare che mancasse il numero legale, ha scelto di non partecipare al voto con la formula «presente non votante».

Il Senato, formalmente, ha confermato la fiducia a Draghi con 98 sì e 35 no. Tuttavia, visto che l’unità nazionale richiesta dal presidente del Consiglio è venuta a mancare, tutti ritengono che il governo sia arrivato al capolinea. Ci si aspettava che il premier andasse al Quirinale per dimettersi già ieri sera, ma tutto è rimandato a questa mattina, quando è previsto anche il voto della Camera.

Se, come sembra inevitabile, Draghi lascerà, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrerà i presidenti delle camere, e l’ipotesi più plausibile è che decida di scioglierle e convocare le elezioni anticipate, la cui prima data utile sarebbe il 2 ottobre.

In realtà Mattarella avrebbe voluto anticipare ancora di più, ma il 25 settembre coincide con il Capodanno ebraico. Repubblica spiega però che il governo nelle settimane che lo separano dal voto potrà svolgere solo gli atti urgenti, approvare decreti legge, o quelli attuativi dei provvedimenti già approvati. E questo, mentre ci sono una guerra in Europa e una pandemia in corso, è complicato. L’Italia sarà instabile per tutto il tempo della campagna elettorale. Senza contare che in caso di esito non definito delle urne l’instabilità potrebbe prolungarsi chissà fino a quando.

Con il governo che probabilmente rimarrà in carica soltanto per gli affari correnti e lo sconto delle accise prorogato fino al 21 agosto, il decreto di luglio finisce svuotato. Sarà possibile recuperare gli aiuti sulle bollette ma non il taglio del cuneo fiscale né quello dell’Iva. Stop anche al Ddl concorrenza e alla riforma fiscale così come a quelle di giustizia e processi tributari. Ma soprattutto c’è l’incognita Pnrr. Per ricevere la rata da 19 miliardi di euro bisognava raggiungere altri 55 obiettivi entro fine anno. Ora il target è a rischio.