Non aveva rinunciato agli agi, ai vestiti griffati, a costosi accessori e profumi. E, a quanto pare, alle donne.
Una casa con arredi di pregio, che chissà quanto piacevano alle donne che magari invitava a cena. In un appartamento di via Cb31 di Campobello di Mazara Matteo Messina Denaro ha trascorso almeno gli ultimi sei mesi di latitanza, fino al suo arresto, lunedì mattina, alla clinica La Maddalena di Palermo.
Da lì era uscito con Giovanni Luppino, uno dei tanti fiancheggiatori che in questi anni hanno lavorato per l’ultimo boss stragista.
Sono bastate poche ore agli investigatori per individuare l’ultimo covo. E’ servita la chiave di un’auto trovata nel borsello, l’intelligenza artificiale, e l’immagine della video sorveglianza nei paraggi che catturano il boss mentre entra in casa. Una latitanza normale, alla luce del sole, almeno negli ultimi anni per il boss. Lo dimostrano gli indizi trovati nell’abitazione. Non un covo nascosto, a un appartamento nella “sua” Campobello. Sua perchè la cittadina del Belice, a pochi chilometri da Castelvetrano, è stata la sorgente principale in questi 30 anni per circondarsi di affiliati e sodali. Di Campobello era Andrea Bonafede, il prestanome, in tutti i sensi di Messina Denaro che girava con i suoi documenti, che si faceva prescrivere a suo nome le ricette, che aveva stretto amicizia con le persone del quartiere e i pazienti della clinica La Maddalena. Bonafede ha comprato l’appartamento con i soldi del boss. Messina Denaro faceva una vita normale, andava a fare la spesa, incontrava vicini, e aveva magari delle donne: in casa i preservativi e il viagra. Ovviamente adesso ci si chiede come sia stato possibile muoversi con così tanta libertà.
I vicini di casa parlano di un uomo cordiale, che salutava e sfoggiava i suoi look costosi. Donne e bella vita, l’ex super latitante anche qui conferma il suo modo d’essere. Al di là di questo sarà importante analizzare anche gli appunti che sono stati sequestrati e potrebbero dirci alcune cose sulla sua latitanza e la rete di persone e della “borghesia mafiosa” che l’ha aiutato.
Il covo
L'abitazione risulta intestata ad Andrea Bonafede, il geometra che avrebbe prestato la sua identità al padrino. Al momento non risulta che nell'immobile vi fossero documenti particolari tanto che gli inquirenti sospettano che possa esserci un secondo immobile in cui cercare il cosiddetto tesoro di Messina Denaro
I militari hanno trovato, pizzini, appunti, parrucche, tanti libri, ma anche un poster del padrino all’ingresso e uno di joker.
"Matteo Messina Denaro abitava qui da almeno sei mesi - così il comandante provinciale dei carabinieri di Trapani Fabio Bottino, dopo l'ispezione nel covo -. Un appartamento, ben ristrutturato, che testimonia che le condizioni economiche del latitante erano buone. Arredamento ricercato, di un certo tenore, non di lusso ma di apprezzabile livello economico". "Perquisizioni e accertamenti sono in corso. Stiamo rilevando la presenza di tracce biologiche, di eventuali nascondigli o intercapedini dove può essere stata nascosta della documentazione. Un lavoro per il quale occorreranno giorni".
I fiancheggiatori
Andrea Bonafede starebbe parlando con i pm: con i magistrati avrebbe fatto mezze ammissioni dicendo di conoscere il capomafia fin da ragazzo e di essersi prestato a comprare, con i soldi del padrino, la casa in cui questi ha passato l'ultimo anno. Il geometra risulta indagato per associazione mafiosa.
Le informazioni che saranno trovate nel covo, o nei covi, usati dal boss saranno utili per le indagini sulla rete di fiancheggiatori di Messina Denaro. Chi ha permesso al boss di condurre una latitanza praticamente alla luce del sole? Il covo di Campobello è l’ultimo usato, e prima ancora dove si nascondeva?
Intanto l'ultimo a finire indagato è stato Alfonso Tumbarello, 70 anni, medico di base a Campobello di Mazara, che aveva firmato le prescrizioni per 'Andrea Bonafede', alias Matteo Messina Denaro, il super latitante in cura per un tumore che era stato sottoposto a due interventi chirurgici. Tumbarello è di Campobello di Mazara ed è stato per decenni medico di base in paese, sino a dicembre scorso, quando è andato in pensione. Tumbarello sino a qualche mese fa è stato medico del vero Andrea Bonafede, 59 anni, residente a Campobello di Mazara e avrebbe prescritto le ricette mediche a nome dell'assistito. Ieri i carabinieri hanno perquisito le abitazioni di Campobello, di Tre Fontane e l'ex studio del medico che è stato anche interrogato.
Tumbarello è stato anche candidato a sindaco del paese e alle regionali del 2006.
Il boss al 41bis
Matteo Messina Denaro si trova in regime di 41bis in una delle celle singole del supercarcere dell'Aquila Le Costarelle. Il boss mafioso è tranquillo. La cella, di poco più di dieci metri quadrati, si trova in una delle sezioni del carcere che ospita anche la terrorista Nadia Desdemona Lioce. Messina Denaro comincerà nelle prossime ore, all'interno del carcere, la chemioterapia in una stanza ad hoc.
"Le sue condizioni sono gravi, la malattia ha avuto un'accelerazione negli ultimi mesi", ha detto a Repubblica Vittorio Gebbia, responsabile dell'Oncologia medica della clinica La Maddalena, dove il boss Matteo Messina Denaro è stato arrestato. Gebbia ha visitato il boss, alias Andrea Bonafede, nel gennaio 2021 prima di una valutazione multidisciplinare chirurgica. Poi il mafioso ha iniziato la chemio e il 4 maggio 2021 è stato operato per le metastasi al fegato da una equipe chirurgica. Gebbia dice che la prognosi infausta è stata "accolta con grande dignità" dal paziente che aveva, la "piena consapevolezza delle sue condizioni di salute" e "nessun atteggiamento che potesse destare sospetto".
Intanto il boss ha indicato la propria nipote, l'avvocato Lorenza Guttadauro, come legale di fiducia. La penalista è figlia della sorella del boss, Rosalia, e di Filippo Guttadauro. Suo nonno paterno è lo storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. La nomina non è stata ancora ufficializzata, ma preannunciata alla professionista. Matteo Messina Denaro da latitante non ha avuto legali di fiducia, ma è stato assistito da difensori d'ufficio. Il primo 'impegno' processuale del capomafia di Castelvetrano è previsto domani: il 19 gennaio infatti si terrà, nell'aula bunker di Caltanissetta, un'udienza in cui è imputato per le stragi mafiose del '92, di Capaci e Via D'Amelio. Se la penalista dovesse ricevere l'incarico anche per quel procedimento l'udienza potrebbe essere rinviata in caso di un'eventuale richiesta di concessione di termini a difesa.