Questo si che è un colpo che fa male, qualcosa che sembra strapparsi dalle viscere e che lascia un popolo disorientato. Perché non si è fermata solo all’ex grillino Giancarlo Cancelleri la campagna acquisti di Forza Italia in Sicilia. Quello era solo l’antipasto. Dopo, è venuto fuori il colpo grosso, il piatto di portata: anche Caterina Chinnici va tra gli azzurri. Se il cambio di casacca di Cancelleri è uno di quei passaggi un po’ folcloristici che serve ai giornalisti fare colore, l’annuncio dell’abbandono di Caterina Chinnici al centrosinistra è un vero e proprio trauma. Per tanti motivi. L’ultimo, in ordine cronologico, è che appena sei mesi fa, a fine settembre del 2022, Caterina Chinnici era la candidata del centrosinistra siciliano per la guida della Regione, proprio contro Renato Schifani. È finita malissimo, per Chinnici e il Pd. Chinnici è arrivata terza, con il 16 per cento dei voti, scavalcata anche dall candidato indipendente Cateno De Luca (24 per cento), e lontana anni luce da Schifani (42 per cento). Ma vedere ora l’europarlamentare a fianco di quello che, in estate, era il suo principale avversario, è certamente straniante.
I pensieri corrono a quella campagna elettorale debole, senza mai un’alzata di ingegno, un po’ di polemica, un colpo ben assestato. Nulla. Sembrava fossero tutti d’accordo. Che è il retropensiero che attraversa chiunque segue le cose della politica in terra di Sicilia. Quando si vince, quando si perde, quando si viene eletti, quando si annunciano rivoluzioni, quando tornano quelli di prima, quando arriva l’antipolitica, quando tutto cambia, quando tutto torna com’era, in ogni occasione viene da pensare proprio questo: sembrano tutti d’accordo.
Ma c’è qualcosa di ancora più doloroso nell’addio di Caterina Chinnici. Sta nel cognome che porta, e in quello che ne consegue. È la figlia di Rocco Chinnici, il magistrato barbaramente assassinato dalla mafia, il padre del maxi processo, l’uomo che cambiò davvero la lotta a Cosa nostra in Sicilia. Il dottor Rocco Chinnici fu assassinato – con autobomba – a Palermo il 29 luglio 1983. Insieme al magistrato, perirono il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile, dove abitava, Chinnici, Stefano Li Sacchi. Si salvò l’autista Giovanni Paparcuri.
Per molta narrazione politica del centrosinistra siciliano che ha costruito la sua identità sulle vittime della lotta alla mafia, quello di Chinnici equivale a un alto tradimento. Non fosse altro per il fatto che la mite magistrata rappresentava un baluardo da chiamare in causa ogni volta che veniva affrontato il sempre appassionante tema della questione morale. «Che ne pensa Caterina?» si chiedeva il popolo dem in Sicilia rispetto a piccoli e grandi dilemmi, e si comportava di conseguenza. Proprio questa estate, in uno dei rari momenti di pathos, Chinnici aveva deciso: non voleva indagati nelle sue liste, anche per inezie, piccole cose, alla faccia di ogni garantismo. Liste pulite, per perdere, si, ma a testa alta. E adesso è alla corte del presidente Schifani.
Chinnici si giustifica, con la scusa che è un po’ la moda del momento, per chi abbandona la causa dem: «Non sono in sintonia con il nuovo corso di Elly Schlein. Sono cattolica e ho dei valori non negoziabili». Ma allora perché proprio Forza Italia? I bene informati dicono che le trattative andavano avanti da mesi, addirittura prima delle elezioni regionali, e che quindi la nuova segretaria eletta con le primarie di febbraio c’entra ben poco. Dietro l’ingresso di Caterina Chinnici in Forza Italia, invece, c’è la grande battaglia che si sta preparando tra gli azzurri per il dopo Berlusconi. Marta Fascina (deputata peraltro eletta nel collegio di Marsala – Trapani, sulla scorta della sua candida ammissione: «Sono stata in Sicilia solo una volta in vacanza quando ero piccola») è al San Raffaele con il suo “non – marito”, dicendo che come sono entrati insieme, usciranno insieme. Fuori, però, si sta consumando già la battaglia per la successione.
E così mentre il presidente della Regione, Renato Schifani, porta dentro Forza Italia quel Giancarlo Cancelleri che era l’anima dei Cinquestelle in Sicilia, l’ingresso di Caterina Chinnici è frutto delle trame di un altro pezzo da novanta, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. È lui che, in questi mesi, ha lavorato, tra i banchi dell’Europarlamento, per portare Chinnici dall’altra parte della barricata, con la collaborazione di Rita Dalla Chiesa. «Sono lieto che Caterina Chinnici abbia deciso di aderire da indipendente alla delegazione di Forza Italia al Parlamento europeo. Il suo contributo arricchirà il nostro lavoro e la nostra azione contro la mafia. Insieme a Rita dalla Chiesa», ha dichiarato Tajani.
E pertanto, ad annuncio si è risposto con annuncio, perché la corsa della nuova leadership di Forza Italia passa dalla Sicilia, e il ministro degli Esteri ha voluto rispondere all’operazione Cancelleri sfoderando l’ingaggio di Chinnici, subìto in primis proprio dallo stesso Schifani, ignaro delle trattative in corso a Bruxelles. Non è detto che l’anno prossimo, Chinnici sarà candidata per le Europee con Forza Italia. Più logico pensare per lei ad un incarico istituzionale di alto profilo, tra il Consiglio superiore della magistratura e qualche altro sottogoverno.
Nel Partito democratico ancora sono increduli. È un lutto difficile da elaborare. I commenti sono laconici. La parola più usata è tradimento. Il segretario regionale, Anthony Barbagallo, ancora non ci crede: «Proprio lei, figlia di Rocco, il fondatore del pool antimafia ucciso da Cosa nostra, va nel partito di chi andava a braccetto con i Graviano. Proprio lei, che dal Pd aveva preteso e ottenuto l’esclusione dalle liste non solo di imputati ma anche degli indagati! Sono basito, incredulo e perfino disgustato». Ma è tutta la classe dirigente del Pd siciliano che finisce sotto accusa: a forza di inseguire i simboli, e non la politica, alla fine, si sono messi sotto scacco da soli.