Stupore e subirne la fascinazione, e racconto di due cose accadute a pochi giorni di distanza. Scorsa settimana a Marsala una festa ad un poeta ad un narratore senza tempo, Nino De Vita.
Un omaggio sincero ad un figura che abita la sua dimensione apparentemente in disparte dal contesto (e Ferdinando Scianna con lucidità assoluta nel suo intervento ci dice che quella letteratura parla di noi e del nostro tempo), poi quando De Vita prende un foglio in mano, la magia di un tempo che attende e sarà stata la sua voce o sarà stata l’emozione nostra ascoltando la scansione di quelle parole quel ritmo e la sua lingua diventa musica universale, non era più il dialetto di Cutusio.
Roma qualche giorno addietro, entrando in un negozio di liuti e con la sala insolitamente piena fatico a capire cosa stesse avvenendo poi intravedo una figura - che era un tutt’uno al pianoforte e resto basito. Il proprietario del negozio mi riconosce e con gli occhi indica un manifesto e non volevo crederci, chi suonava era Ramin Baharami uno dei massimi interpreti di Bach, lui persiano.
Era lì per presentare alcuni libri pubblicati da la Nave di Teseo e qualche giorno prima lui trovandosi in quel negozio chiede un pianoforte così da intrattenere il pubblico ora con la parola ora con le note.
Lì per caso - perché il caso esiste - ed ho assistito alla magia dell’improvvisazione, della musica scomposta che andava da Mozart a Beethoven al Jazz contemporaneo. Brividi per l’emozione, lo stupore mio e dei venticinque del pubblico (li ho contati) che abbiamo ricevuto questo dono: ascoltare lui perfettamente a suo agio suonare argomentare di come la musica di questi maestri fosse attuale e contemporanea, e come tutto fosse iniziato dalla sua Persia e lì qualche accordo di un brano che ascoltava da piccolo e che gli cambiò la vita.
Lo stupore di esserci quel pomeriggio e di vivere qualcosa di irripetibile, e poi porre sullo stesso piano due luoghi di origine, con storie diverse ma dove l’espressione creativa la dimensione intellettuale pesca sempre nella tradizione per poi elevarsi. La parole di De Vita che diventano cunto, ritmo, musica primordiale e dove il pubblico in Teatro è rapito e gli occhi non mentono; le
parole di Baharami unite con la musica e non distinguevi più le une dalle altre, lui poi che ferma tutto e le sue mani che rincorrono le note della sua infanzia e non ci sono più paralleli o distanze geografiche: loro due potrebbero serenamente convivere in una dimensione dove l’arte e la creatività sgombrano il campo a barriere di ogni genere
“Le melodie, come del resto le lingue, sono state nel corso dei secoli un elemento fondamentale per l’unione tra le civiltà. La musica di Bach, ad esempio, descrive i sentimenti di tutti i popoli del presente, del passato e, a mio avviso, anche del futuro.” R.B.
Tra le domande del pubblico, una signora voleva comprendere appieno il senso di un ragionamento del Maestro ovvero la correlazione tra Bach e il jazz, e lui con lentezza infinitesimale si è rimesso al pianoforte e suonando un accordo del primo è andato avanti per qualche minuto improvvisando con Bill Evans e noi non ascoltavamo più musica, ma presente passato erano
senza tempo e senza barriere linguistiche: quella dimensione politica, ci parlava del futuro.
Immaginare uno dei Cùntura che possa entrare in dialogo con quella musica? Non è utopia affatto e porre vettori apparentemente lontani può generare stupore e fascinazione e dove la fantasia unico limite, ammesso che lo sia. Viviamo tempi dove la cronaca rischia di portarci all’assuefazione di una violenza quotidiana, abbiamo l’urgenza di nutrire l’animo e noi stessi di complessità semplici come parole e note, alzando quell’asticella che ci consenta di poter rispondere a tanto. Due anime, due espressioni di creatività alta, affatto avulse dal contesto, che ci raccontano come pochi sanno fare, storie contemporanee con delicatezza.
Giuseppe Prode