A seguito del report dei dati Istat sulla povertà in Italia nel 2022, la Fondazione Gimbe ha continuato l’analisi sulla spesa sanitaria.
Oltre 1,9 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per ragioni economiche, nel 2022 la spesa sanitaria out-of-pocket, ovvero quella sostenuta direttamente dalle famiglie, ammonta a quasi € 37 miliardi: in quell’anno oltre 25,2 milioni di famiglie italiane in media hanno speso per la salute € 1.362, oltre € 64 euro in più rispetto al 2021.
Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE, ha evidenziato: “Considerato il rilevante impatto sui bilanci familiari della spesa sanitaria out-of-pocket e tenuto conto di un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dall’aumento della povertà assoluta, abbiamo analizzato vari indicatori per misurare le dimensioni di questo preoccupante fenomeno, utilizzando esclusivamente i dati pubblicati da ISTAT. L’obiettivo è quello di fornire una base oggettiva per il dibattito pubblico e le decisioni politiche, oltre che prevenire strumentalizzazioni basate sull’enfasi posta su singoli dati”.
Secondo il sistema dei conti ISTAT-SHA, nel 2022 (ultimo anno disponibile) la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a € 171.867 milioni: € 130.364 milioni di spesa pubblica (75,9%) e € 41.503 milioni di spesa privata, di cui € 36.835 milioni (21,4%) out-of-pocket e € 4.668 milioni (2,7%) intermediata da fondi sanitari e assicurazioni.
Per Cartabellotta c’è un sistema sanitario misto in cui l’89% della spesa privata è a carico delle famiglie. Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di € 5.326 milioni in 10 anni: “Un dato – spiega il Presidente – che documenta solo in parte l’impatto del progressivo indebolimento del SSN, perché non tiene conto di altri indicatori. Infatti, la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, la rinuncia alle cure sono fenomeni che, pur non aumentando la spesa out-of-pocket, contribuiscono a peggiorare la salute delle persone”.
Secondo i dati ISTAT sul cambiamento delle abitudini di spesa nel 2022 il 16,7% delle famiglie dichiarano di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e/o qualità. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali il Sud (28,7%), in pratica più di 1 famiglia su 4.
“Un cambiamento nelle abitudini di spesa – commenta Cartabellotta – che ovviamente argina la spesa out-of-pocket: infatti, proiettando sulla popolazione i dati dell’indagine campionaria ISTAT, sarebbero oltre 4,2 milioni le famiglie che nel 2022 hanno limitato le spesa per la salute”.
Risultati sovrapponibili, seppur in percentuali ridotte, vengono restituiti dall’indagine ISTAT sulle condizioni di vita. Il 4,2% delle famiglie dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie. Sono al di sotto della media nazionale il Nord-Est (2%), il Centro (3,1%) e il Nord-Ovest (3,2%), mentre il Mezzogiorno si colloca al di sopra della media nazionale: rispettivamente le Isole al 5,3% e il Sud all’8%, un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale.
La percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie nel 2022 si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%). Si tratta di oltre 4,13 milioni di persone che, secondo la definizione ISTAT, spiega Cartabellotta “dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa”. In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione, ovvero quasi 1,9 milioni di persone.
Per il presidente Cartabellotta: “Dalle analisi emergono tre considerazioni. Innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket, seppur in lieve e costante aumento, sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che vede tutte le Regioni del Mezzogiorno al di sotto della media nazionale. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno. Dove l’impatto sanitario, economico e sociale senza precedenti rischia di peggiorare ulteriormente con l’autonomia differenziata”.